L’allarme è stato lanciato all’inaugurazione dell’anno giudiziario dal presidente della Corte d’appello di Milano, Giovanni Canzio: «La presenza della mafia al nord non è più da considerare di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione».
Per questo è necessaria la conoscenza da parte delle forze dell’ordine locali «di tutti i fenomeni e i personaggi che orbitano in un territorio». Lo ha detto Salvatore Bellomo, uno dei pm di punta della Procura di Monza con decine di indagini all’attivo sulle locali di Desio, Seregno, Giussano, nell’intervista al Cittadino in edicola giovedì 29 gennaio 2015 (vai allo store online per leggere l’edizione digitale del Cittadino di Monza e Brianza).
«Resto convinto di una cosa. Per un’attività di contrasto efficace e continuativa alla criminalità organizzata, e ai fenomeni criminali in generale, resta fondamentale, essenziale, imprescindibile un elemento: la conoscenza del territorio».
L’ultima conferma è arrivata dalla Corte di Cassazione. Martedì sera condanne definitive per quattro imputati (che avevano scelto il rito abbreviato) coinvolti nell’operazione ‘Blue Call’, l’indagine che rivelò l’aggressività della ‘ndrangheta nello ‘scalare’ le società altrui, dopo aver messo sotto estorsione i loro titolari.
Tra questi, c’erano anche due brianzoli, residenti a Vedano al Lambro (Andrea Ruffino), e a Misinto (Rosario Panetta). È solo l’ultimo anello di una catena di processi nati dalle inchieste della magistratura, a loro volta originata dall’operazione Infinito, culminata nel maxiblitz del 13 luglio 2010, con più di 150 arresti in Lombardia per associazione mafiosa.
Quattro anni dopo il giudice della Suprema Corte Aldo Policastro, ha letto il verdetto della VI sezione penale, che ha confermato quasi tutte le condanne ai 92 imputati, con riforme marginali. Tra le accuse, oltre all’associazione mafiosa, anche le estorsioni, la detenzione di armi, le pressioni per ottenere appalti.
Riconosciuti i risarcimenti per le parti civili che si sono costituite nel processo: Presidenza del Consiglio dei ministri, Regione Lombardia e Federazione delle associazioni antiracket, vari comuni brianzoli. All’epoca (giugno 2014) la maggior parte degli imputati, era ancora detenuta o aveva, in alcuni casi, già finito di scontare la condanna. Il 23 aprile 2013 la Corte d’Appello di Milano aveva sostanzialmente confermato la sentenza emessa il 19 novembre 2011 con rito abbreviato dal gup di Milano Roberto Arnaldi, emettendo 110 condanne alla struttura di vertice e agli uomini delle cosche.
Poi ne seguirono tante altre. L’operazione Bagliore, conclusa in Appello con 18 sentenze all’ergastolo per tre omicidi (si attende la Cassazione, nata dalle dichiarazioni di due ex esponenti di spicco del ‘locale’ di Giussano, Antonino Belnome e Michael Panajia). E ancora l’operazione Ulisse, che portò alla clamorosa scoperta di un bunker, a Giussano, del tutto simile a quelli che vengono solitamente individuati in Calabria, con decine di imputati, e altrettante condanne (già sancite in Appello per chi ha scelto i riti alternativi).
E ancora, l’operazione dello scorso anno, condotta dagli agenti della Squadra Mobile che portò alla scoperta della presunta ‘banca della ‘ndrangheta’, gestita a Seveso da Pino Pensabene. Filone attualmente a giudizio, in primo grado. Per ultimo, notizia di mercoledì, l’ennesima operazione anti ‘ndrangheta che, condotta da Bologna, ha portato a 117 arresti, anche in Lombardia