Alessio Lorusso è un pugile professionista e insegnante ; il 22enne besanese si è aggiudicato lo scorso 25 aprile la cintura di campione nella finale del torneo nazionale professionistico Wbc per la categoria pesi piuma al PalaSanFilippo di Brescia, mettendo al tappeto lo sfidante Christopher Mondongo al settimo round, vincendo così prima del limite match. E, volentieri, ha accettato di farsi intervistare da il Cittadino.
Come è andato questo match?
È stata una battaglia molto dura, ho fatto fatica, ma alla fine ce l’ho fatta. Christopher, il mio avversario, era molto valido, al quarto round l’ho colpito al mento e l’ho messo al tappeto ma lui si è rialzato più forte di prima poi al settimo l’ho colpito di nuovo e l’arbitro ha dato il Ko tecnico. Vincere prima del tempo è sempre bello ed emozionante me lo sono meritato con sangue e sudore ogni giorno in palestra, il lavoro duro ripaga sempre; è la mia prima cintura ma sarà la prima di tante (ride).
Chi è Alessio Lorusso?
Un ragazzo un po’ troppo tatuato, diverso dagli altri che si impegna nella sua passione e nel suo sport; sono un pugile, un guerriero che cerca di seguire il suo sogno.
Come è iniziata la tua passione per il pugilato?
Sono sempre stato un ragazzino un po’ aggressivo, fin da piccolo facevo spesso casini o risse. Un giorno a tredici anni ricordo di aver attaccato briga con un ragazzo molto più grande e forte di me e me la sono vista brutta così, grazie all’aiuto di mia mamma e alla sua comprensione, abbiamo cercato insieme una palestra dove sfogarmi e canalizzare le mie energie.
Quando ti sei reso conto che da passione poteva diventare una professione?
Professionista vero e proprio lo sono diventato con il debutto del 2017 alla Notte dei campioni di Seregno, ma ho capito di volerne fare il mio lavoro al Campionato italiano senior ad Avellino nel 2016. Ricordo che il pubblico mi incitava gridando “Mosquito, Mosquito” riferendosi alla mia velocità e da lì divenne il mio soprannome.
Credi che ci siano dei pregiudizi su questo sport o in generale sui pugili?
Credo che ci siano molti preconcetti sul pugilato e sui pugili, io lo consiglierei a tutti come sport perché insegna a essere umili e non è un gioco di squadra, se alzi la cintura la alzi tu. Ti insegna a stare da solo, a confrontarti con i tuoi limiti e a diventare più forte giorno per giorno, se vinci è merito tuo se perdi colpa tua, non ci sono vie di mezzo o scuse. Molti, forse anche per i tatuaggi, mi reputano delinquente ma sono tutto l’opposto, la mia, rispetto a quella dei miei coetanei, è una vita di sacrifici: l’alimentazione impeccabile, l’allenamento costante, non esiste discoteca, droga, alcool, sigarette, la boxe ti chiede il cento per cento di te stesso. Proprio per abbattere questi preconcetti insegno in una palestra di Besana, non mi reputo un maestro ma cerco di trasmettere la mia passione agli altri. In futuro mi piacerebbe aprire anche una mia palestra in cui fare corsi anche a bambini.
Se non fossi diventato pugile?
Magari avrei preso una cattiva strada ma la boxe mi ha salvato.
Giù dal ring voi pugili andate d’accordo o rimangono rancori?
Noi siamo molto uniti proprio perché abbiamo una passione che ci accomuna, ci rispettiamo a vicenda per i sacrifici che facciamo ma, una volta saliti sul ring, la situazione cambia, non esiste più amicizia né pena per l’avversario, sul ring è guerra perché sai che o dai pugni o li ricevi.
Quali sono adesso i tuoi obbiettivi a breve e a lungo termine?
A lungo termine campione del mondo (ride) mentre adesso mi sto preparando per “The jolly’s belt” il 18 Maggio ad Annone Brianza.
Non hai paura di niente?
Solo dell’aereo.