A una settimana dalla firma dell’ordinanza del ministro Roberto Speranza, lo scorso 8 maggio, che ha introdotto un nuovo protocollo per le visite di famigliari e amici agli ospiti delle rsa e rsd, non si placa l’esasperazione di tanti parenti che ancora continuano a chiedere di poter tornare ad abbracciare i loro cari in sicurezza.
Di fatto la maggior parte delle strutture di Monza e Brianza si sta adeguando in questi giorni per rendere operativo il nuovo protocollo che prevede l’ingresso solo a chi è in possesso di attestazione del completamento del ciclo vaccinale, di un certificato medico per chi è guarito dal Covid – 19 o un tampone negativo eseguito nelle 48 ore precedenti.
Provvedimenti che potrebbero però non garantire la sicurezza per gli ospiti delle strutture. «Il numero dei contagi è in calo ovunque rispetto alle scorse settimane, ma il decremento che si registra a Monza e in Brianza è decisamente inferiore rispetto alla media regionale, e a dirlo è il servizio di epidemiologia dell’Ats Brianza nel report del 3 maggio – spiega Davide La Greca, presidente dell’Associazione delle rsa provincia di Monza e Brianza -. Non ci è possibile con questi numeri fare un tracciamento, quindi significa che continuano a circolare persone asitomatiche o contatti stretti di persone infette, che potrebbero entrare proprio nelle rsa. Inoltre non sappiamo quanto duri l’immunità nei soggetti che hanno ricevuto già la doppia dose. Redigere un protocollo come quello relativo alle visite in rsa non è un esercizio accademico ma una responsabilità. Lo dimostra il fatto che nessuna autorità politica o sanitaria, nei mesi da febbraio a maggio, si è espressa in modo inequivocabilmente favorevole sulle aperture».
La Greca respinge con forza le accuse di scarsa trasparenza della gestione delle strutture giunte da più parti in queste settimane. «Medici, infermieri, animatori, educatori si sono spesi con grande dedizione per mantenere in contatto chi stava dentro le residenze per anziani con il mondo esterno dei loro affetti, ricorrendo anche a quelle stanze o pareti degli abbracci la cui conformità alle norme di legge è assai dubbia. Esse rappresentano il caso emblematico di una scelta emotiva: in questo Paese si disciplina tutto continua il presidente di Arsa – questi manufatti caserecci ne sono stati esenti. Nessun operatore che assiste i residenti di queste comunità si sottrarrà mai al dovere di assicurare un incontro tra gli ospiti e i famigliari. E se il sorriso di un figlio al genitore ricoverato può far stare meglio entrambi, perché qualcuno è convinto che si voglia frapporre tra loro una barriera? A chi gioverebbe?».