A Biassono la camera ardente per l’ultimo saluto a don Mario Riboldi, i ricordi per il prete nomade

Aperta a BIassono la camera ardente per don Mario Riboldi, cappellano delle comunità rom e sinti d’Italia, scomparso martedì a 92 anni. Il ricordo della comunità, della Caritas ambrosiana e del successore don Marco Frediani.
don Mario Riboldi cappellano dei rom
don Mario Riboldi cappellano dei rom

È già tornata a Biassono la salma di don Mario Riboldi, scomparso martedì 8 giugno all’età di 92 anni. La camera ardente è stata allestita in San Francesco, sul retro della chiesa parrocchiale. I biassonesi, chi ha conosciuto don Mario, chi lo ha seguito e amato nei lunghi anni del suo ministero tra i nomadi, i rom e i sinti, potranno rendergli l’ultimo saluto.


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La camera ardente rimarrà aperta fino alle 22 di mercoledì 9 giugno. Poi giovedì 10 giugno dalle 8 a mezzogiorno e dalle 15 alle 22. Venerdì 11 giugno, il giorno delle esequie, dalle 8 alle 9.30. Poi la salma di monsignor Riboldi verrà trasportata nella chiesa parrocchiale di San Martino.

È prevista anche la recita di tre rosari nella chiesa di San Martino: mercoledì 9 e venerdì 10 giugno alle 21 e venerdì 11 giugno alle 10.30, sempre nella chiesa parrocchiale.

Il funerale verrà celebrato venerdì 11 giugno alle 11. A presiedere la funzione sarà monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano.

Intanto arrivano i messaggi di cordoglio e le parole di affetto e stima verso il prete che per quasi mezzo secolo è stato cappellano delle comunità rom e sinti d’Italia, punto di riferimento e guida spirituale di nomadi e gitani.

«La comunità di Biassono, insieme a tutta la comunità pastorale, piange la scomparsa di monsignor Mario Riboldi. Lo affidiamo all’abbraccio del Padre», hanno scritto i sacerdoti di Biassono.

Commosso anche il ricordo di Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiana. «Scompare un prete che ha saputo vivere con radicalità la testimonianza del Vangelo e un punto di riferimento per la comunità rom. La sua scelta di farsi povero tra i poveri, di vivere come un rom, pur non essendolo, è stata una provocazione anche per molti credenti, costretti dal suo esempio a interrogarsi sui tanti luoghi comuni di cui questo popolo è ancora vittima e ostacolano, purtroppo, la sua piena integrazione».
Il ricordo più vivo è quello di don Marco Frediani, suo collaboratore e successore. «Povero tra i poveri, viveva anche lui in roulotte. Un uomo di preghiera dotato di intuito profetico».

L'autore

Nata nell’anno dei due presidenti e dei tre papi. Scrivo per il Cittadino dal 2009, prima solo per l’edizione cartacea poi per la tv e il sito per cui realizzo anche servizi video. Mi occupo di chiesa locale, cronaca, volontariato, terzo settore, carcere. Con l’associazione Carcere Aperto nel 2011 ho realizzato insieme al fotografo Antonio Pistillo la mostra “Guardami”, dove abbiamo raccontato le storie dei detenuti della casa circondariale di Monza.