Seveso 1976, il podcast sulla “Chernobyl d’Italia”

Otto puntate dedicate a quanto accaduto nell'estate di 46 anni fa con la voce narrante di Massimo Polidoro

Un ritorno a quell’estate di 46 anni fa, per cercare di dissolvere la nebbia di diossina che avvolge i misteri che hanno ruotato attorno del più grave incidente chimico e ambientale che sia mai successo in Italia.
A tornare a porre le luci dei riflettori su quanto avvenuto nella mattinata del 10 luglio del 1976 tra le mura della fabbrica chimica Icmesa di Meda e di tutte le conseguenze avute nei giorni successivi è il podcast “Seveso. La Chernobyl d’Italia” lanciato in esclusiva su Audible lo scorso lunedì.

Narrato dalla voce di Massimo Polidoro, il podcast è stato scritto da Matteo Liuzzi per la regia del brianzolo Niccolò Martin: «Io sono nato l’anno successivo all’incidente a Lentate sul Seveso e vivo in questi territori – spiega Martin -. Pur non avendo esperienza diretta di quei giorni porto con me i ricordi di amici, famigliari e conoscenti che in qualche modo sono incappati in questa vicenda. Tornare a raccontare dell’incidente era quindi un po’ il mio sogno nel cassetto».

Nelle otto puntate del podcast si ascolta la narrazione degli eventi di quei giorni, con tutto quel che è stato fatto e detto ma anche ciò che non è stato fatto e detto: «Credo che questa vicenda sia andata pian piano nel dimenticatoio anche forse per il desiderio di non parlarne troppo – racconta Polidoro -. Penso sia invece importante ricordare e recuperare questi episodi della nostra storia proprio per evitare che si possano ripetere».

Massimo Polidoro

Alla voce narrante si inframezzano testimonianze di studiosi e tecnici e cittadini che hanno vissuto sulla propria pelle quei giorni: «Parlare con loro è stato un po’ come immergere le mani nella sabbia e poi tirarle su – racconta Matteo Liuzzi -. Quel che ti rimane in pugno sono le storie delle persone». Ma come nelle narrazioni ufficiali anche le testimonianze raccolte non hanno offerto una verità univoca: «Anche ascoltando le persone sembra che ognuno sia un po’ il testimone delle proprie verità – spiegano – e pure il materiale ufficiale presenta diverse discrepanze. C’è un modo molto italiano di raccontare le cose. Sembra che ci si debba dare la possibilità di dirci che qualcosa è successo di pericoloso ma non così tanto pericoloso».

Nel racconto emergono le storie di alcuni protagonisti della vicenda: dagli operai della fabbrica in lotta per la propria salute e per il proprio posto di lavoro, il coraggio di Carlo Galante, ma anche dei sindaci e degli uomini delle istituzioni così come quella dei vertici della società persone e storie che delineano alcuni tratti tipici della popolazione brianzola: «Se non fosse successo in Brianza sarebbe andato tutto in maniera diversa – afferma Liuzzi -. La gente è stata capace di affrontare la situazione di petto con la volontà di ricominciare e riprendere la propria vita il più celermente possibile».

La narrazione affonda le radici nel passato ma punta i suoi rami anche al presente: «Oltre all’incidente in se noi parliamo di temi che sono attuali – prosegue Liuzzi -. Le norme di sicurezza sul lavoro, la consapevolezza di cosa si produce all’interno di un’azienda sia per gli operai che per la popolazione che abita attorno. L’incidente ha poi anche dato uno slancio per arrivare ad avere in Italia una legge sull’aborto». In settimana sono arrivate anche le prime reazioni sul podcast: «Ho postato il link sui diversi gruppi social del territorio – spiega Marin -. Se la maggior parte dei commenti sono di incoraggiamento da Seveso e Meda ci contestano invece di denigrare un po’ il territorio. Soprattutto per il riferimento a Chernobyl e la copertina».