«Voti dai clan» (anche in Brianza): chiesti 10 anni per l’ex assessore Zambetti

Chiesti dieci anni di carcere per l’ex assessore regionale della giunta Formigoni, Domenico Zambetti, arrestato nel 2012 e rinviato a giudizio nel gennaio del 2014 per un presunto voto di scambio con la ’ndrangheta che, secondo la Procura milanese, avrebbe falsato l’esito delle elezioni regionali 2010. Il politico avrebbe ottenuto voti anche a Desio e in Brianza.
Chiesti dieci anni di carcere per Domenico Zambetti
Chiesti dieci anni di carcere per Domenico Zambetti

Chiesti dieci anni di carcere per l’ex assessore regionale della giunta Formigoni, Domenico Zambetti, arrestato nel 2012 e rinviato a giudizio nel gennaio del 2014 per un presunto voto di scambio con la ’ndrangheta che, secondo la Procura milanese, avrebbe falsato l’esito delle elezioni regionali 2010.

L’ex assessore, allora candidato per il Pdl, secondo i magistrati della dda avrebbe intessuto: «un patto grave, di scambio politico-mafioso» con i presunti affiliati alla ’ndrangheta Eugenio Costantino e Giuseppe Agostino. Addirittura avrebbe pagato ai clan rate per 200mila euro per un pacchetto di voti sicuri. L’ex politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e voto di scambio.

Uno dei presunti ’ndranghetisti che avrebbero venduto voti al politico del Pdl, Giuseppe D’Agostino, avrebbe avuto contatti anche con Pio Domenico, «classe 1946, uno dei capi della locale della ’ndrangheta di Desio», finito in carcere nell’ambito dell’operazione Infinito del 2010. I voti per Zambetti sarebbero quindi arrivati anche da Desio e dalla Brianza. Le intercettazioni rivelano, infatti, che D’Agostino, legato al clan dei Morabito, avrebbe contattato anche Domenico Pio per cercare di ottenere il sostegno a Zambetti alle elezioni regionali del 2010.

Secondo l’accusa, il politico avrebbe pagato caro ciascuna preferenza: 50 euro a voto. In totale, avrebbe ottenuto dai clan 4000 voti, pagando quindi 200 mila euro. La raccolta avveniva attraverso gli affiliati, che sarebbero dunque arrivati anche a Desio e dintorni. D’Agostino, insieme ad un altro presunto boss, Eugenio Costantino, era l’incaricato. E, sempre secondo l’accusa, non esitava a contattare i vari gruppi criminali che si spartiscono il territorio, incontrando anche i capi «storici» delle cosiddette locali.