Case comunali e alloggi Aler: in Lombardia cambia tutto, saranno a scadenza

Controlli annuali per accertare i redditi e un limite massimo di anni per occuparli: gli alloggi Aler e le case comunali cambiano con la riforma della Lombardia. Ecco come.
Uffici di Aler
Uffici di Aler

Gli obiettivi sono fondamentalmente tre: migliorare il servizio, accelerare le assegnazioni, avere la garanzia che se la situazione economica della famiglia migliora la casa sarà girata a chi ne ha bisogno. Le premesse della legge con cui la Regione Lombardia ha riformato i servizi abitativi sono queste: poi serviranno gli strumenti operativi per applicarla, inclusa le agenzie della casa che la nuova norma prevede.

Una dato è certo: si passa da un sistema totalmente pubblico a uno in cui è prevista la partecipazione dei privati nella gestione dei servizi, un passo che avvicina l’operazione del Pirellone alla riforma della sanità degli anni novanta.

A Monza

Intanto si possono fare i conti con la città di Monza, che solo quindici giorni fa ha pubblicato le graduatorie provvisorie (cioè in attesa di eventuali ricorsi e verifiche) dell’ottavo bando per l’assegnazione di alloggi comunali. Come sempre, un fiume di domande: se per gli alloggi a canone moderato le domande ammesse alla graduatoria – che non corrisponde all’assegnazione di un alloggio – sono solo diciassette, per le case a canone sostenibile si tratta di una lista di 592 persone che hanno visto accogliere la richiesta di essere inseriti in graduatoria, quindi con i requisiti necessari.

Il Comune ha escluso le richieste di sole 23 persone. Saranno pochi, com’è chiaro, ad avere una casa, tra tutti quelli inseriti nelle graduatorie.

La maggioranza

Secondo il relatore Carlo Malvezzi (Ncfd), il provvedimento «non porterà nessun aumento del canone come alcuni vorrebbero far intendere e sostiene concretamente la persona e la famiglia attraverso un contributo regionale per nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta e per quei nuclei in condizione di temporanea difficoltà economica per la perdita di lavoro o altra causa».

Il riferimento è alle critiche delle opposizioni, che hanno puntato il dito soprattutto sulle scarse garanzie sui prezzi con l’ingresso dei privati.

Le opposizioni

«Questa legge – hanno detto per il Partito Democratico Enrico Brambilla e Onorio Rosati – non risponde alle quattro urgenze delle politiche abitative pubbliche, che sono la carenza di risorse, l’assenza di un piano concreto per aumentare l’offerta di alloggi, il costo eccessivo dell’abitare, causa dell’ingente morosità incolpevole tra gli inquilini delle case Aler, e la scarsa qualità dei servizi. Il nostro giudizio non può che essere negativo». Il Movimento 5 stelle, nonostante l’accoglimento di alcuni correttivi, ha invece sottolineato il fatto che «la legge resta però troppo sbilanciata sull’housing sociale, trascura il forte fabbisogno di case popolari e sono troppe le aperture a società private immobiliari senza garanzie di canoni adeguati ai redditi dell’utenza». Alla fine la norma è passata con i 41 voti della maggioranza e il no di Patto Civico, Pd e 5 Stelle.

L’assessore

Per il vicepresidente e assessore alla casa Fabrizio Sala «finalmente abbiamo una legge che considera le politiche abitative per quello che devono essere: politiche sociali e non politiche edilizie. Questa è una legge che tutela i più deboli e lo dimostra il fatto che sosteniamo concretamente la persona e la famiglia attraverso un contributo regionale di solidarietà che coprirà le spese per il canone e i servizi per i nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta e per i nuclei familiari in situazioni di temporanea difficoltà economica per la perdita del lavoro o altra causa. Un grazie doveroso va alla Commissione per l’ottimo e approfondito lavoro svolto in questi mesi».

La nota della Regione elenca i maggiori cambiamenti introdotti dalla riforma: stop alle graduatorie infinite e inique e avvisi pubblici per l’assegnazione rapida degli alloggi; possibilità per i Comuni ad alta tensione abitativa di adottare provvedimenti d’urgenza per la consegna degli alloggi; istituzione di un sistema di accreditamento, per cui i servizi abitativi potranno essere forniti anche da operatori privati accreditati; un contributo regionale di solidarietà che copre le spese di canone e servizi per i nuclei familiari indigenti, con uno stanziamento triennale di 55 milioni di euro; incentivi urbanistici per realizzare nuovi alloggi da destinare a servizi abitativi pubblici e sociali con l’azzeramento del contributo sul costo di costruzione.

Altre novità

La legge prevede anche che gli avvisi pubblici per presentare richiesta arrivino almeno due volte all’anno e che tutto passi da una piattaforma informatica: Comuni, Aler e gli altri gestori saranno chiamati a guidare chi fa domanda per un alloggio pubblico ad accedere al servizio. E ancora: sono «previsti percorsi di presa in carico dei soggetti più deboli attraverso i servizi sociali, con l’obiettivo di seguire da vicino l’evoluzione e le condizioni della persona interessata» e «i contratti di locazione saranno temporanei e rinnovabili».

Per esserlo verranno istituiti «controlli sul reddito e sui requisiti di permanenza annuali» e viene introdotta «anche la possibilità della risoluzione unilaterale del contratto di locazione da parte del gestore per le false dichiarazioni sui requisiti e le condizioni reddituali degli assegnatari e per la cosiddetta morosità colpevole». Il punto di partenza è un requisito fondamentale: cinque anni di residenza in Lombardia per poter richiedere un alloggio pubblico, «in caso di parità in graduatoria verranno privilegiati i soggetti con maggiore anzianità di residenza in Regione e nel Comune dove è localizzata l’unità abitativa».

L’assessore di Monza

Un po’ di lati oscuri, l’attesa per i chiarimenti applicativi necessari per rendere operativa la riforma, il rammarico di una serie di proposte portate anche dalla città di Monza attraverso l’Associazione dei Comuni, ma non accolte. Poi il pollice alzato, il sì anche del vicesindaco monzese, Cherubina Bertola, alla rottura del vortice perverso dell’ereditarietà della casa popolare.

Sono queste le coordinate con cui la rappresentante della giunta Scanagatti, che ha anche le deleghe ai servizi sociali, ha accolto la riforma: «Di certo senza adeguati strumenti le conseguenze finiranno per pagarle i Comuni – osserva – Insieme all’assessore Marrazzo (lavori pubblici, con cui ha condiviso un lungo percorso per il recupero del patrimonio abitativo in città, ndr) abbiamo portato delle proposte in Anci, ma non sono state accolte». Per esempio? Il privato accreditato, «che non è chiaro come dovrebbe funzionare. Insomma: per il momento è stato approvato un principio teorico, ora aspettiamo di capire cosa dovrà succedere tecnicamente e operativamente». Comunque, c’è del buono, «come la temporaneità delle assegnazioni: ci troviamo di fronte a casi in cui gli alloggi sono stati tramandati ai figli e ai figli dei figli, senza necessariamente i requisiti».n