«Miriadi legati alla ’Ndrangheta Propaggine delle cosche di Desio»

I Miriadi come “propaggine vimercatese” delle cosche della ‘ndrangheta di Desio. Questa la tesi del tribunale di Monza, contenuta nelle motivazioni della sentenza che un mese fa ha condannato il vimercatese Giovanni Miriadi (16 anni e 9 mesi), il fratello Vincenzo (12 anni), del cugino Carlo Girasole (11) e Isidoro Crea (4 anni e 4)
Il tribunale di Monza
Il tribunale di Monza

I Miriadi come “propaggine vimercatese” delle cosche della ‘ndrangheta di Desio. Questa la tesi del tribunale di Monza, contenuta nelle motivazioni della sentenza che un mese fa ha condannato il vimercatese Giovanni Miriadi (16 anni e 9 mesi), il fratello Vincenzo (12 anni), del cugino Carlo Girasole (11) e Isidoro Crea (4 anni e 4) per tentata estorsione e tentato sequestro di persona semplice ai danni degli imprenditori Carlo e Giuseppe Malaspina, con il riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso. Sentenza duramente avversata dalle difese che promettono di fare Appello.

utto nasce da un terreno conteso in via Pellizzari, di proprietà di Malaspina. L’area, in passato sede di un’industria chimica, diventa edificabile nel 2010. Dopo quella modifica sarebbero cominciate le pretese dei Miriadi sul terreno. In un incontro dai “toni forti” tenuto presso l’abitazione di Antonio Malacrinò, zio dei Miriadi, Vincenzo Miriadi avrebbe mostrato una pistola custodita in un marsupio. Dopo sarebbe cominciato un escalation di atti intimidatori. Malaspina denuncerà dopo il tentato sequestro del 26 ottobre 2011 ai danni del fratello Carlo, da parte di Giovanni Miriadi e Mario Girasole. In riferimento a questo ultimo episodio, non riuscito solo per la “strenua resistenza della vittima”, i giudici sottolineano che “i due aggressori contavano sulla forza di intimidazione loro derivante dall’appartenenza ad un gruppo che si è avvalso del metodo mafioso”, e che, perciò, “ritenevano di poter andare indenni da eventuali denunce”. Il tribunale traccia un breve excursus sulla storia della famiglia Miriadi (originaria di Montebello Ionico, come i calabresi di Desio), conosciuta nel vimercatese sin dagli anni ’80, e ritenuta, si legge, “in odore di mafia”. Inevitabile il riferimento al padre dei fratelli Miriadi, Natale Assunto Miriadi, assassinato nel maggio del ’90 a colpi di kalashnikov “da esponenti della cosca Coco Trovato”.

I giudici rimandano poi ad altri omicidi, alla scoperta dell’esplosivo su quello stesso terreno per cui si è arrivati alle condanne recenti, e infine ai “collegamenti dei fratelli Miriadi con altri soggetti in odore di mafia”. Vincenzo Cotroneo, per esempio, o Bartolo Foti, attualmente detenuto ad Opera con una condanna per appartenenza al locale di ‘ndrangheta di Desio. E poi Giuseppe Foti (nessun legame di paretela con Bartolo), emerso nelll’indagine Infinito come “personaggio addetto “a risolvere le controversie tra le cosche della ‘ndrangheta”. Di grande interesse, “una telefonata tra Foti e Vincenzo Miriadi, nella quale il primo indica al secondo, che ne è già a conoscenza, i principi cardine dell’affiliazione mafiosa”. Secondo i giudici, di un “battesimo”, di un rituale “caratteristico delle consorterie criminali calabresi”. I fatti di causa, sarebbero indice della “mentalità mafiosa” dei Miriadi, ritenutisi vittime “di una mancanza di rispetto dal Malaspina. Il tribunale si sofferma infine sulle “pressioni” esercitate da “familiari e amici” dei Miriadi contro le vittime e i testimoni “anche nel corso del dibattimento”.