Monza, un iPod in sala operatoria per le protesi di anca e ginocchio

Si chiama dash, ed è grande come un ipod. Serve al chirurgo ortopedico per inserire in modo perfetto le protesi di anca e ginocchio. Il pioniere della tecnica in Italia è il monzese Michele Ulivi, in forza alla Zucchi di Monza e al Galeazzi di Milano
Michele Ulivi con il “dash” (foto di Antonello Sanvito)
Michele Ulivi con il “dash” (foto di Antonello Sanvito)

Si chiamano dash, proprio come il detersivo, o come la creta che si impastava da piccoli per creare figure e ambienti. Ma coi pavimenti e col gioco non ha niente a che fare. E’ un strumento di alta tecnologia, grande come un ipod e si usa in sala operatoria: serve al chirurgo per capire se sta eseguendo un buon intervento o se sta sbagliando.

E’ l’ultimo ritrovato di Michele Ulivi, 57 anni, ortopedico monzese in forza alla clinica Zucchi e da un anno al Galeazzi di Milano. Da almeno nove anni si avvale dei computer quando opera su anca e ginocchio, un “pallino” come lo chiama lui, condiviso da pochi in Italia e di cui è sicuramente un pioniere. Frequenti i suoi viaggi negli Stati Uniti per acquisire nuove tecniche, ma questa volta la novità importata l’ha vista in Germania.


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E’ costruita e distribuita dalla Brain Lab, azienda di Monaco di Baviera, leader in Europa. “Si tratta –spiega Ulivi – di una macchina grande quanto un telefonino, un ipod che si appoggia sul tavolo operatorio. Ricoperto da una mascherina per assicurare la sterilità, ha dei sensori a raggi infrarossi che comunicano con altrettanti sensori appoggiati alle guide delle protesi per anca e ginocchio. Sul display solo numeri, che indicano il giusto allineamento di quanto vado a inserire nel paziente”. Il vantaggio? “Spariscono dalla sala operatoria –prosegue – i “vecchi” navigatori”. Per chi non lo sapesse sono degli strumenti alti da un metro e mezzo a un metro e ottanta, con il video: il chirurgo guardava lì i numeri. Era scomodo distogliere lo sguardo dal campo operatorio ed era scomodo per chi lavorava in sala operatorio avere un attrezzo grosso, ingombrante. Ora è tutto più facile”.

Una comodità in più anche per il paziente, dato che –afferma Ulivi – l’operazione dura una mezz’ora meno: un’ora in tutto. Futuro? No, realtà. Tra Monza e Milano il dottore ha già trattato con il nuovo metodo quindici pazienti. “Ed i primi casi, che teniamo sotto controllo, danno risultati confortanti”. Primi casi e unici in Italia. E Ulivi dà le linee guida perché il metodo della operazione computer assistita abbia successo. Serve un buon ospedale, perché si svolgano parecchi interventi: più il chirurgo opera e più si affina la tecnica; un chirurgo esperto; la tecnologia al massimo livello (”e questo è il nostro caso”); avere sistemi per controllare i risultati del lavoro. Anche quest’ultimo punto è un pallino di Ulivi.

“Alla Zucchi ho sempre fatto il controllo dei pazienti: a 3,6,12, 24 mesi dall’operazione, ma anche dieci anni dopo: se il paziente non viene lo chiamiamo noi”. Ulivi ha aggiunto a questa pratica una nota in più. Il controllo avviene in modo trasversale: ovvero, non solo il medico dà un giudizio sulla situazione, ma anche il paziente. Questi riceve un questionario. Si chiama prom, acronimo che sta per patient related outcome measurement. Si tratta di una fila di domande cui rispondere. Ad ogni risposta corrisponde un punteggio. Il camice bianco (diverso da colui che ha eseguito materialmente l’operazione) dà una valutazione su apposite schede preconfezionate su standard europeo: anche qui a ogni valutazione equivale un punteggio. Mettendo insieme la prima e la seconda si ha un numero finale compreso tra 0 e 100: più vicino al massimo è la somma complessiva e migliore è il giudizio finale.

”Ho esportato questo progetto pilota al Galeazzi di Milano – dice soddisfatto Ulivi – ed è stato molto apprezzato. Certo, a chi opera costa fatica (si pensi a che a Monza il dottore ha operato circa 3mila persone e si moltiplichi questo numero per i controlli da effettuare nel tempo, ndr). Ma aiuta a migliorarsi di continuo, per il bene dei pazienti.”

Ultimo dato, anche questo positivo. Il monzese fa scuola: tecnica e approccio non rimangono racchiusi nella sua figura. “Come io ho imparato a Boston dieci anni fa, ora ho allievi che imparano da me. Al Galeazzi di Milano ho diversi studenti che osservano. Alcuni arrivano persino dalla Russia”.

Respiro da sempre internazionale per Ulivi, ma radici nella città di Teodolinda. Lui opera con altri due primari (Claudio Manzini e Bruno Violante, che però usano la tecnica tradizionale) alla Zucchi: chi vuole mettersi in contatto chiami il numero dedicato: 0398383378.