Mi ritorni in mente: calzettoni e morale basso per le ambizioni di Cerilli

La voglia di andarsene dal Calcio Monza, la sopportazione con Magni e Cappelletti che deve rimettere mano al portafogli. Fino alla dura contestazione dei tifosi
Mi ritorni in mente
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Arrivato dall’Inter via Vicenza, Franco Cerilli comincia a rompere gli zebedei fin dal ritiro pre-campionato. Vinto il torneo cadetto trascinato dai gol di Paolo Rossi, il lavativo brama di raggiungere al volo Gibì Fabbri: che se ne importa di rimangiare un contratto appena firmato. Il lunatico interno pretenderebbe essere la reincarnazione di Mariolino Corso. In realtà, è un centrocampista di piedi passabili, non di più. Zompetta con i calzettoni alla cacaiola, alla moda dei maledetti del pallone, il fenomeno: e pretenderebbe di ricama gioco per innescare le corse di Scaini e Sanseverino, illuso – bontà sua – di essere imprescindibile. L’abbagliato svapora prestissimo: svogliato e apatico, Cerilli naufraga in un bicchier d’acqua. Per soprammercato, le punizioni pretese “a foglia morta” sono pallide repliche che non fanno il solletico agli originali. In pratica, un disastro.


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Preteso campione senza valore, il reprobo è troppo scaltro e avveduto per mettersi in rotta di collisione con Magni: i due si sopportano a malapena, ma hanno il buon gusto di fingere di credere ai miracoli. Cerilli è “stressato”, porco sciampino, e telefona ogni giorno a Giussy Farina spendendo calde lacrime di lancinante nostalgia: va bene ritornare in serie B, ma in Brianza siamo ai livelli degli zulù. A Monza non ci sto più, chiaro? Riprendimi al Vicenza e non ti pentirai. Giancarlo Beltrami, ex giocatore biancorosso e direttore sportivo dell’Inter, prova invano a convincere il fannullone: fiato sprecato. Cerilli si chiude a riccio e non sente ragioni di sorta. Fa niente che la società di Giovanni Cappelletti è ai primi posti in Italia per serietà e autorevolezza: il signorino vuole soltanto Vicenza. Passata in fretta l’euforia del girone di Coppa Italia – eliminate in tromba Ternana, Lazio, Varese e Bologna: epocale il gol di Cantarutti che condanna i rossoblù allenati da Cesarino Cervellati– il Monza comincia con il piede sbagliato il campionato. Dopo cinque giornate, la classifica della compagine di Fredo Magni è uno strazio: un punto soltanto all’attivo, frutto del pareggio al Sada contro l’Avellino; nel mezzo, mazzata a Modena, Palermo, Terni e contro il Cesena. Il presidente è preoccupato: persi Tosetto e Buriani, pagati a peso d’oro dal Milan di Felice Colombo, i sostituti dovrebbero garantire qualità e animus pugnanti. Invece, la squadra è fragilissima e senza uno straccio di gioco. Portieri non all’altezza – Reali molto sopravvalutato, Incontri troppo giovane; difesa in sofferenza – Lanzi ancora fuori condizione; centrocampo ostaggio della guerra scatenata dal vergognoso Cerilli; attacco senza un centravanti di ruolo – il furlan Cantarutti, scuola Toro, eletto come il più promettente attaccante europeo dopo gli Europei Juniores: Vujadin Boskov stravede con lui; Massimo Silva, a Monza nel campionato 1969-70, scaricato da Sandro Vitali nonostante i 4 gol in carniere nell’ultima stagione rossonera.

Dopo la soffertissima vittoria nel derby contro il Brescia, Cappelletti rimette mano al portafoglio e rivoluziona la squadra. A novembre, Sergio Sacchero e il ds Ghioni hanno le entrature giuste per cambiare in corsa la formazione di Magni. Vengono ceduti Franco Cerilli (Vicenza), Luigi Reali (Biellese), Gianni Ardemagni (Pro Patria), Marino Bracchi (Pro Patria) e Marzio Bertocchi (alla Turris Torre del Greco). Arrivano Felice Pulici (dalla Lazio), Renato Acanfora (dall’Inter), Duino Gorin (dal Milan) e Giovanni Lorini (dal Lanerossi Vicenza). Rafforzato in ogni reparto, il Monza comincia a scalare la classifica. Domenica 20 novembre, i biancorossi sbancano Cagliari per 3 a 2, reti di Scaini e doppietta di Silva. I brianzoli riaprono il campionato. La rincorsa è lunga ed estenuante assai: dopo il blitz di Rimini (0-1, gol di Silva) e la sofferta vittoria con il Lecce (decide un punto di De Vecchi), il Monza surclassa al “Sada” l’Ascoli di Mimmo Renna: 4 a 2 il risultato finale, reti di Scorsa (autogol), doppietta di Silva, assolo di Lorini.

Dopo la partita, un corteo raggiungere il centro città per celebrare la vittoria: Roberto Meucci, “Callaghan” per tutti i tifosi della tribuna centrale, strappa ad un bambino la bandierina bianconera e la sventola a mo’ di trofeo. Siamo al parossismo e all’accesso, d’accordo: ma nessuno pensa che la promozione in serie A non sia nelle stelle. La penultima giornata di serie B – domenica 4 giugno ’78 – vede il Monza in trasferta a Pistoia contro gli arancioni di Enzo Riccomini. Non si fanno prigionieri: il palpitante testa-coda decide tra la salvezza dell’undici toscano e la voglia matta di salire per gli uomini allenati da Magni. Treno speciale al seguito per supportare i ragassi biancorossi. Prima di fermarsi alla stazione di Pistoia, i soliti esagitati attaccano vigliaccamente le carrozze ancora in corsa con sassi e bottiglie. Lo stadio è una bolgia: Giovanni Carlo Ferrari fulmina per due volte Pulici, apparso più che titubante, e regala la permanenza in categoria della squadra orange. Qualche inviato paventa “voci ricorrenti registrate in seno alla squadra di uno strano e collettivo imbambolamento sul campo di Pistoia, la mancanza assoluta di riflessi, l’appisolamento di qualcuno che era in panchina”. La denuncia è troppo sfumata per avere riscontri almeno fondati. Ferrari consuma la sua vendetta senza versare una lagrima di riconoscenza. Acquistato per 350mila lire da Daniele Rocca, Ferrari non riesce a mettersi in luce nel Monza del presidente Enzo Redaelli. I giovane è chiuso da Goffi, Canzi e Prato: per questo – vinto il campionato di “C” nella stagione 1966-67 – viene sbolognato al Seregno come promessa mancata. Ferrari ritornerà a Monza per le stagioni ‘79/80 e ‘80/81, dopo l’esperienza non esaltante di Pescara. Ritornato all’ovile, il “ricciolo” spaccherebbe le montagne, a parole. Purtroppo, a tanta lappa riscontra pochissima sostanza.

Martedì 6 giugno scoppia la “guerra del Monza: la sconfitta subìta dei biancorossi a Pistoia che costerà probabilmente la promozione in A alla squadra locale è stata proprio presa male dei tifosi che ieri sera hanno dato l’assalto alla sede del Monza Calcio in via Manzoni, divellendo un cancello, lanciando sassi e bottiglie, abbattendo cartelli stradali. Ci sono stati atti di teppismo fulminei in tutto il centro città. Quando verso le 23 è tornata la calma si è contata una quindicina di giovani scalmanati fermati dai carabinieri. Già poche ore dopo la partita di domenica scorsa gruppi di facinorosi avevano divelto le transenne dello stadio monzese in segno di rivolta a quella che è stata definita una “sconfitta politica”.

Per tutta la giornata di ieri non si è parlato d’altro in città. I dirigenti del Monza sono stati duramente contestati: li si accusa di non aver voluto vincere per paura della A e di avere tradito le speranze del pubblico monzese. Sono cominciate anche a circolare le solite voci incontrollate e incontrollabili: il consiglio di amministrazione della società avrebbe deliberato in una riunione segreta di venerdì sera di non spingere per la promozione.

Solo voci, ma hanno acceso gli animi. Ieri sera la partita di Coppa Italia che si giocava al Sada tra Monza e Fiorentina è stata disertata dalla maggior parte dei tifosi mentre davanti allo stadio si è raccolto un assembramento degli appartenenti ad uno dei tre sodalizi del tifo locale: gli “ultras” che hanno gridato, imprecato, insultato. Il gruppo, un centinaio di persone, si è poi diviso e disperso per le vie del centro facendo una rapida puntata contro la sede deserta della società di via Manzoni. “Un centinaio di giovani – hanno detto gli inquilini spaventati dello stabile – hanno divelto cartelli, lanciato sassi, abbattuto un cancello”. Sono subito intervenuti i carabinieri e gli agenti di pubblica sicurezza agli ordini del vice questore Pierino Falbo e del capitano dei carabinieri Adolfo Bono. Si deve alla prontezza del loro intervento, se i guai non sono stati peggiori. Ci sono state brevi cariche mentre gli scalmanati lanciavano sacchi dell’immondizia in via Padre Reginaldo Giuliani e sassi contro le vetrine della Banca Popolare in via Zucchi”.

Le vittorie in Coppa Italia (3-2 contro la Fiorentina: gol di Blangero, Cantarutti e Acanfora) e nell’ultima partita di campionato (4-0 contro il Taranto: Scaini, Cantarutti e doppia di Silva) hanno il potere di sancire la fine della rivolta. Gli innamorati delusi prendono cappello e rimuginano improbabili rivalse. La città vuole dimenticare in fretta il soprassalto di indignazione. A Beppe Maseri, storica firma del “Giorno”, tocca riassumere la stagione appena conclusa: “Destino del Monza sembra essere quello di non riuscire a gioire dei propri ottimi campionati. L’anno scorso i giocatori sono rientrati a Monza da Modena piangendo, quest’anno dopo la sonante vittoria sul Taranto hanno lasciato lo stadio alla spicciolata, imbarazzati.

“Mi sembra tutto così assurdo – ha lamentato mortificato e pacato il presidente Cappelletti – ora dobbiamo quasi vergognarci di aver tentato di far bene, di aver tentato per il secondo anno consecutivo la scalata alla serie A. La squadra ha totalizzato otto punti nelle ultime cinque partite. Non siamo ancora una volta riusciti nel nostro intento. E allora? La società è serena e tranquilla, soddisfatta per quello che è stato fatto. Da quattro anni abbiamo dato ai nostri tifosi, agli sportivi di Monza un calcio di ottimo livello. L’anno scorso venivano perfino da Milano per riconciliarsi con il gioco del calcio. Eppure la media di spettatori allo stadio è di 5000 presenze. Mi offende chi mi chiede se volevamo davvero tentare la promozione”.

“Quello che sostengono i tifosi, certi loro sospetti – interviene il vicepresidente Brugola – non hanno un senso logico. Sappiamo prima di tutto che la serie A è per la società molto più vantaggiosa della serie B. Non avessimo voluto salire in serie A non saremmo corsi a ripari in quella maniera a novembre. E poi, via, avremmo mollato prima di Pistoia: l’occasione, l’alibi ce l’avrebbe fornita l’Ascoli. Non bisogna fare confusioni. Se possibile ritenteremo anche l’anno prossimo. Vorrà dire che riusciremo a sfondare al terzo tentativo come ci è capitato per la promozione dalla C”.