Vie Crucis quaresimali dell’Arcivescovo Delpini: conclusione a Desio

Venerdì 23 marzo si è concluso a Desio il ciclo delle Vie Crucis quaresimali guidate dall’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, nelle Zone pastorali della diocesi: al rito, partito alle 20.45 dalla chiesa di San Pio X, hanno partecipato tutti i fedeli della Zona V (Monza). Monsignor Delpini ha guidato la processione con la Croce di legno realizzata per il Sinodo minore «Chiesa dalle genti».
L’arcivescovo monsignor Mario Delpini con la Croce di legno realizzata per il Sinodo minore
L’arcivescovo monsignor Mario Delpini con la Croce di legno realizzata per il Sinodo minore Foto Emanuele Volpi

Venerdì 23 marzo si è concluso a Desio il ciclo delle Vie Crucis quaresimali guidate dall’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, nelle Zone pastorali della diocesi: al rito, partito alle 20.45 dalla chiesa di San Pio X, hanno partecipato tutti i fedeli della Zona V (Monza). Monsignor Delpini ha guidato la processione con la Croce di legno realizzata per il Sinodo minore «Chiesa dalle genti».

Una croce portata ‘dalle genti’: da chi arriva da lontano, dei giovani sposi col piccolo nel passeggino e l’altro nel pancione, da studenti , adulti, operai. La croce dei popoli ha percorso le strade di Desio seguita da una marea di persone. L’ultima Via Crucis quaresimale presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini ha avuto la Zona V di Monza come teatro e, nello specifico, Desio, la città natale di Pio XI, il papa delle missioni. «Portiamo con noi – ha detto subito il Vicario padre Patrizio Garascia, davanti alla chiesa scelta come punto di partenza, quella della parrocchia di S.Pio X – anche chi non può essere presente. Chi soffre, gli ammalati, chi ha subito un lutto recente».

Il Vescovo Mario ha incontrato per primi i cresimandi e poi si è avviato verso la Basilica dei Santi Siro e Materno, con accanto i sacerdoti della zona. «Fissiamo lo sguardo su Gesù, seguiamo la croce fino al calvario per risorgere con lui». Quattro le soste programmate, le stazioni, con riflessioni improntate soprattutto sull’accoglienza di chi bussa alle porte del nostro mondo, di chi è escluso, offeso, lasciato morire tutti i giorni in mezzo al mare.

«Non laviamocene le mani. Le parrocchie devono essere il luogo dell’incontro». «Agli occhi dei passanti – ha fatto osservare l’arcivescovo sul sagrato della Basilica, con piazza Conciliazione piena di fedeli – la croce fu il segno del fallimento dei progetti di Gesù. Lui, per la verità, non aveva promesso riforme. Ci voleva un centurione, un estraneo, uno straniero, per interpretare ciò che stava avvenendo, per riconoscere il senso vero del morire di Gesù: quest’uomo è davvero il figlio di Dio. Il cristianesimo è soprattutto Gesù, è stare con lui, vivere per lui, lasciarsi condurre alla condivisione col Padre. Non vorrei mandarvi a casa e abbiate a dire: come? non c’è penitenza da fare? Ve ne do una difficile. Quando incontrate un adolescenti della classe 2002, dategli 1 Euro. Ditegli: accendi una candela davanti al crocifisso e fai il centurione. Guardalo e pensa che questo è veramente il figlio di Dio».