Monza, passa in aula la turbo-urbanistica: che cosa cambia per la città?

Conclusa in consiglio comunale la maratona sui due provvedimenti che dovrebbero incentivare i recuperi di aree dismesse. Su una cosa maggioranza e opposizioni concordano: il volto di Monza potrebbe cambiare nel giro di pochi anni.
Monza Aree dismesse Pastori Casanova
Monza Aree dismesse Pastori Casanova Fabrizio Radaelli

Su una cosa maggioranza e opposizioni concordano: il volto di Monza potrebbe cambiare nel giro di pochi anni. La convergenza termina qui, perché gli schieramenti che si sono scontrati nel lungo dibattito innescato dalle delibere 168 e 169 sulla rigenerazione urbana arrivano a conclusioni opposte. I due provvedimenti, assicura il centrodestra, favoriranno il recupero delle aree e degli edifici degradati grazie agli incentivi e ai contributi. Il risultato sarà una città moderna che attrarrà operatori economici e residenti. La città del futuro, ribattono le opposizioni, sarà condannata a fare i conti con nuove colate di cemento e minori servizi a causa degli aumenti degli indici volumetrici fino al 25% concessi a chi riqualificherà gli immobili abbandonati da almeno cinque anni.

La maggioranza prevede la costruzione di nuovi complessi, perlopiù residenziali, all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità e del risparmio energetico mentre le minoranze paventano la comparsa di palazzi e grattacieli sulle ceneri di caseggiati da cui i proprietari, allettati dai benefici, cacceranno artigiani e piccole attività economiche.

Difficile, in realtà, abbozzare la fotografia della Monza del prossimo decennio: le due delibere, approvate con voti del solo centrodestra, non la lasciano intuire e per scoprirla occorrerà attendere i progetti che gli operatori immobiliari presenteranno in Comune. Le scrivanie dei tecnici potrebbero non essere sommerse in tempi brevi dalle pratiche dato che i proprietari hanno a disposizione tre anni per avviare l’iter e, nel caso di stabili pericolanti, per metterli in sicurezza.

Non è detto che i circa cento tra edifici e luoghi, parecchi dei quali di dimensioni ridotte, compresi nelle delibere si trasformeranno tutti in cantieri dato che alcuni, come l’oratorio di San Rocco, sono stati inseriti dagli uffici mentre in altri, come la Cascinazza, i margini di manovra sono limitati dai vincoli posti dal Piano territoriale provinciale e dalle leggi regionali e statali.

Nella lista ci sono complessi, come l’ex Buon Pastore, per i quali sono già state depositate proposte di recupero e l’amministrazione spera che qualcosa possa muoversi nella riqualificazione delle maggiori aree dismesse quali l’ex carcere di via Mentana, la ex Pagnoni, la ex Pastori e Casanova, la ex Tpm e la Fossati e Lamperti.

Le due delibere, pronostica il Pd, sono destinate a fallire come il pokerissimo con cui nel 2018 l’assessore all’Urbanistica Martina Sassoli ha tagliato i tempi per l’avvio dei progetti e ribassato i costi di costruzione: «Dall’inizio del mandato – commenta Egidio Longoni – non abbiamo ancora visto un piano attuativo né un provvedimento strategico».

«Queste – secondo Francesca Pontani del Gruppo misto– sono scorciatoie che potrebbero essere intese come mancanza di strategia. La riqualificazione urbana non può essere l’ombrello» per tentare di giustificare la deregolamentazione. Se non si fissano priorità e obiettivi, avverte Chiara Pozzi della Lista Scanagatti, si lascia ogni area alla negoziazione tra il Comune e il privato. «Una città che guarda al futuro – replica Marianna Gaspero di Fratelli d’Italia – non può rimanere immobile».