Monza: due secoli di storia del Tiro a segno nazionale in un libro (Garibaldi incluso)

Valentino Baio, ex vice comandante della polizia locale, con la collaborazione di Gresia Balli pubblica un volume dedicato ai due secoli di storia del Tiro a segno nazionale di Monza.
Valentino Baio con Gresia Balli
Valentino Baio con Gresia Balli Fabrizio Radaelli

Un anno di ricerche, anche negli archivi del comune, e la memoria storica dell’autore, quella fatta di aneddoti e ricordi di quasi settant’anni di presenza tra grilletti e bersagli: il risultato è il volumetto “Storia del tiro a segno nazionale di Monza”.

«Si tratta di un inedito» dice con orgoglio Valentino Baio, classe 1929, già vice comandante della polizia locale di Monza, in pensione dal 1997. Mostra l’originale, decine di fogli redatti con il pc e fissati con un fermaglio. Si schernisce quando dice che all’origine doveva essere un lavoro di ricerca a uso e consumo del Tiro a segno. Poi si è ritrovato tra le mani un bel volume a colori. Una sorpresa. Un regalo del “Tsn” a un veterano che calca ininterrottamente i locali di via Ticino dal lontano 1953. Merito anche di Gresia Balli, studentessa 25enne e nazionale albanese di Tiro che ha curato la parte grafica e collaborato alla stesura dei testi e di Luigi Brambilla (Consigliere del Direttivo Tsn Monza) che si è occupato della parte fotografica.

«Al momento ho distribuito qualche copia tra amici e conoscenti» dice Baio, che attualmente svolge per il Tiro a segno il ruolo di revisore dei conti. Nelle 52 pagine vengono ripercorsi i quasi 2 secoli di storia del Tiro a segno a Monza, realtà che ha avuto nel tempo tre diverse sedi. Da quella del 1827, con il Regno Lombardo Veneto, al confine con Lissone: «il “Bersaglio” era nella zona della attuale via Boito e via della Birona e venne realizzato dal Comune che acquisì un terreno da tal Giosuè Mariani di Muggiò – racconta l’autore – Allora c’erano tutti campi e la presenza del Tiro a segno, al servizio soprattutto delle truppe del 55° Reggimento suscitò le proteste, per la sua pericolosità, del vicino comune di Lissone e dei contadini, allarmati e intimoriti». Dopo la seconda Guerra d’Indipendenza, nel 1859, con il Regno di Sardegna, «venne usato soprattutto da privati cittadini per esercitarsi con le carabine».

Tre anni dopo il primo trasferimento: grazie a alcuni appassionati tiratori tra i quali il conte Alessandro Porro Schiaffinati, che decisero di fondare una società di Tiro a segno, fu costruito un nuovo “bersaglio” privato tra via Magenta e via Pavoni. Le spese di costruzione e gestione furono coperte da contributi comunali, donazioni private e «dalla vendita di 100 azioni da 25 lire ognuna».

Venne quindi alla luce la “Società consorziale per il Tiro a Segno” con il nome di “Società dei carabinieri monzesi”. Scopo? «Addestrare il popolo al tiro al bersaglio e sviluppare lo spirito militare come principio dell’armamento nazionale». A inaugurare fu Giuseppe Garibaldi, il 24 marzo 1862. Diventata “Società di Tiro a Segno Mandamentale di Monza” nel 1867 il “Bersaglio” venne definitivamente rilevato dal Comune che lo fece gestire «gratuitamente ed autonomamente» dalla società finchè negli anni successivi l’arrivo di fabbriche e abitazioni portarono nel 1898 a un nuovo trasferimento, l’ultimo, nella sede attuale su un’area larga soli 17 metri con otto linee di tiro. Nel 1928 fu ampliata, e ancora nel 1935 («con spese quantificate in circa 60mila lire sostenute dallo Stato e dal Comune»). In quegli anni la società divenne Sezione di Tiro a Segno Nazionale. Dopo la guerra ci furono altri interventi fino allo stato attuale con una galleria 12 metri su 4 linee, e quattro poligoni da 10 a 50 metri a cielo aperto e galleria.