Il filosofo Brague con gli studenti del Don Gnocchi tra pandemia e “cancel culture”

Il filosofo francese Rèmi Brague ha incontrato gli studenti dell’Istituto Don Gnocchi affrontando i temi della “cancel culture” e della pandemia di Covid-19.
Rèmi Brague
Rèmi Brague Jennifer Caspani

La “cancel culture”, o “cancellazione della cultura”, e la pandemia di Covid-19 sono i temi principali affrontati dal filosofo francese Rémi Brague, nell’incontro di mercoledì mattina con gli studenti dell’Istituto Don Gnocchi.

“Avere nella nostra scuola il professor Rémi è qualcosa di veramente raro”, ha dichiarato Luca Montecchi, rettore dell’istituto Don Gnocchi, aprendo l’evento, seguito in video-collegamento dagli studenti di altri sette istituti italiani.

L’incontro è stato diretto dal professor Amato, che ha accompagnato i presenti in un viaggio alla scoperta delle riflessioni di uno dei rari maestri del pensiero cristiano di oggi.

Partendo dai diversi significati della parola “cultura”, Brague, tra i massimi ed autorevoli esponenti della “non cancel culture” ha spiegato come il movimento della “cancellazione della cultura”, che pervade tutti i Paesi occidentali, “impoverisca la storia dell’uomo”.

Il filosofo Brague con gli studenti del Don Gnocchi tra pandemia e “cancel culture”
Rèmi Brague

“Quello che siamo ora dipende da quello che hanno fatto i nostri antenati”, ha aggiunto, ribadendo che in un certo qual modo la storia non si possa cancellare, ma semmai preservare e studiare.

“Non si può eliminare tutto quello che non piace. È un atteggiamento di distruzione dei valori passati. Nessuno ha fatto solo del bene o del male e la stessa storia occidentale non si riduce agli aspetti negativi. È un movimento che impoverisce la memoria”, ha aggiunto il filosofo francese.

Affrontando poi il tema della pandemia di Covid-19, il professore ha spiegato come questa emergenza sanitaria abbia portato gli uomini a riflettere sul significato della vita e della morte. “La morte sembra rimasto l’unico Dio onnipotente”, spiegando questa sua riflessione il filosofo ha dichiarato: “Ho parlato della morte come del Dio nascosto del mondo d’oggi, del Dio di cui si parla soltanto con rispetto. Adesso non si parla della morte, si parla della fine della vita. Questo silenzio può essere il cenno di un atteggiamento di rispetto quasi religioso verso la morte. La divinizzazione della morte è la conseguenza diretta della morte di Dio”.