I primi risultati dello studio clinico sul Covid-eVax monzese e le ipotesi sull’applicazione in altri campi di cura

Takis e la monzese Rottapharm Biotech hanno presentato i risultati preliminari dello studio clinico di Fase 1 sul vaccino Il vaccino Covid evax, il primo vaccino a Dna a raggiungere la fase di sviluppo clinico in Europa. Come saranno i prossimi step.
Monza Ospedale san Gerardo Presentata sperimentazione vaccino Rottapharm Lucio Rovati
Monza Ospedale san Gerardo Presentata sperimentazione vaccino Rottapharm Lucio Rovati Fabrizio Radaelli

Il vaccino e-vax messo a punto da Takis e dalla monzese Rottapharm Biotech ha presentato i risultati preliminari dello studio clinico di Fase 1.

Il primo vaccino a Dna a raggiungere la fase di sviluppo clinico in Europa è risultato ben tollerato e ha indotto una risposta immunitaria sia anticorpale che cellulare a tutte le dosi testate (0.5 mg, 1 mg e 2 mg, somministrate in doppia dose).

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«La migliore risposta – spiega Lucio Rovati – presidente e direttore scientifico di Rottapharm Biotech – è stata osservata nel gruppo trattato al dosaggio più alto, con l’induzione di una risposta immunitaria fino al 90% dei volontari. Particolarmente rilevante è stata la risposta di tipo cellulare (ovvero quella generata dai linfociti T, che integra quella generata dagli anticorpi e impedisce la replicazione del virus nelle cellule umane infettate».

Un risultato questo che apre nuovi sviluppi per Covid E-Vax che potrebbe trovare applicazione anche in campo oncologico : «Riteniamo che i dati generati in questo studio siano una validazione dell’efficacia della nuova piattaforma tecnologica dei vaccini a Dna, diversa rispetto a quelle già disponibili a Rna messaggero o a vettore virale, e potenzialmente utile anche in campi diversi, come ad esempio per il trattamento di alcune patologie oncologiche. Abbiamo osservato infatti che il vaccino scatena le cellule bianche, i linfociti T citotossici contro le cellule infette e potrebbe quindi avere un effetto anche sulle cellule tumorali».

Anche se i risultati ottenuti sono favorevoli , Rovati non nasconde la preoccupazione per come potrà essere condotta la fase 2.

«Finora abbiamo investito 4 milioni di euro – spiega – e non abbiamo ottenuto alcun tipo di finanziamento. Abbiamo stimato che servono 20 milioni di euro per arrivare alla fase 3 e alla produzione ed è impensabile che sia un privato a sobbarcarsi questo onere. Ora riporteremo questi risultati alle autorità competenti e proveremo ad accedere a finanziamenti italiani ed europei».

L’altro ostacolo da superare riguarda il reclutamento di 200 volontari per la fase 2, per l’attuale alto numero di vaccinati grazie alla campagna vaccinale nazionale.

«Stiamo pensando alle possibili alternative: il profilo della reazione immunitaria, con una forte risposta di tipo cellulare, è tale che Covid-eVax dovrebbe essere testato come terza dose quando la risposta anticorpale da parte dei vaccini già disponibili andrà a diminuire e al fine di fornire un forte impulso alla memoria immunologica. Penso, ad esempio, alla terza dose destinata a medici, infermieri e professionisti della sanità».