Falso ginecologo accusato di violenze sessuali su minori: ecco come adescava le ragazze

Profili social multipli fingendosi coetanee e coetanei per spingere le vittime verso il falso ginecologo: ecco come l’uomo arrestato dalla polizia di Monza avrebbe adescato le ragazze.
L’operazione Octopus della polizia di Stato di Monza
L’operazione Octopus della polizia di Stato di Monza

Custodia cautelare in carcere: così ha stabilito il giudice per le indagini preliminare di Monza nei confronti dell’ingegnere brianzolo di 50 anni che avrebbe utilizzato servizi online di messaggi per adescare minorenni e violentarle, fingendosi un ginecologo in grado di fornire un fantomatico trattamento anticoncenzionale chiamato “Neutro”.

Il motivo: il carcere è considerato l’unica misura adatta a interrompere qualsiasi attività dell’uomo ed evitare il pericolo di inquinamento delle prove con la manomissione di materiale informatico oppure con il condizionamento di altri parti offese e di quelle già scoperte.

Il commissariato ha svolto le indagini a partire da novembre 2018 su incarico del tribunale dopo la denuncia del padre di una minorenne vittima dell’uomo. I poliziotti di Monza hanno raccolto informazioni sul territorio, hanno interpellato persone, amministratori di stabili, hanno eseguito pedinamenti anche con localizzatori Gps e hanno analizzato i tabulati telefonici, hanno fatto ricerche nelle banche dati e hanno individuato prima l’appartamento usato dal 50enne e poi la sua identità.

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Il metodo dell’uomo partiva dal ricorso a decine di profili falsi: una volta scoperti, gli agenti hanno ricostruito lo schema di adescamento. Con gli alter ego l’ingegnere avrebbe fatto credere alle vittime di essere in chat con ragazze coetanee che le convincevano a sottoporsi al preteso”trattamento” anticoncezionale. L’uomo avrebbe sfruttato “con furbizia lo stesso linguaggio adolescenziale, le fragilità, le debolezze e la vanità delle ragazze fino ad arrivare a minacce e richieste di denaro a fronte delle difficoltà di piegarne altrimenti la volontà”.

Una volta entrato in contatto diretto benché virtuale l’uomo dirigeva l’adescamento adeguandosi alle fragilità notate nelle ragazze e sulle risposte avute. Nelle indagini gli stratagemmi utilizzati sono risultati seriali: uno schema per ogni “tipo” di vittima possibile, metodi che non hanno escluso le minacce.

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Nei confronti della prima vittima accertata l’uomo avrebbe fatto leva sui sensi di colpa indotti. “L’elargizione del trattamento neutro alle altre ragazze veniva subordinato, in quel caso, all’accondiscendenza sessuale della vittima, alla quale l’uomo faceva credere di essere la preferita e, dalla quale, contrariamente a quanto dichiarava avvenire per la sua clientela, non pretendeva remunerazione per le portentose prestazioni offerte”.

Per la seconda vittima accertata è stato verificata la non volontarietà dell’atto sessuale: è stata costretta, riferiscono le indagini, sotto la minaccia di danni fisici, economici e morali, che vanno dalla richiesta di 365 euro per il rifiuto di portare a termine il trattamento, sostenendo che avrebbe coinvolto la famiglia delle ragazza e che avrebbe rischiato frigidità e sterilità nel caso di interruzione del “trattamento”.

Il commissiariato di polizia di Monza ha sintetizzato i metodi così:

– Il ricorso ad una posizione autoritativa, quella di “medico”, percepita dalle vittime come rassicurante e sufficiente ad attribuirgli fiducia e credibilità;

– l’ingannevole trappola di una prestazione (trattamento), ormai iniziata alla quale non era più possibile rinunciare se non accettando le già descritte gravi conseguenze e/o attraverso il pagamento di una somma ovviamente inaccessibile ad una vittima così giovane;

– l’inserimento nella dinamica perversa di afflati di coinvolgimento affettivo con l’utilizzo di un comportamento ammaliante, linguaggio adolescenziale, tonalità di voce sdolcinata, tutti finalizzati a creare un contesto situazionale favorente.

L’inganno praticato nei confronti della terza vittima sarebbe stato ancora diverso: l’uomo accusato ora di violenza sessuale, dicono gli inquirenti, avrebbe stabilito con la ragazza una relazione virtuale stabile finendosi un coetaneo. Poi la richiesta di trasformare quella storia d’amore in reale soltanto se si fosse sottoposta al trattamento praticato dal medico di fama mondiale “BERTI Alberto”, amico di famiglia.