Ed ecco Amerigo, il maiale star del quartiere Taboga di Arcore

Il quartiere Taboga di Arcore ha un personaggio speciale, anche due: Tino Sala è la memoria storica del quartiere, il maiale Amerigo è la star da 300 chili spesso protagonista delle visite delle scolaresche.
Arcore: il maiale Amerigo con Tino Sala al Taboga
Arcore: il maiale Amerigo con Tino Sala al Taboga Valeria Pinoia

Amerigo, il maiale più grande del mondo, vive nel quartiere Taboga ad Arcore. Così almeno lo definisce il suo padrone, Tino Sala, 85 anni, la maggior parte dei quali trascorsi a tu per tu con i maiali dell’attività di famiglia. Che si tratti del più grande esemplare del mondo non si sa, ma la mole è notevole e Amerigo, 3 anni di vita, è vicino a tagliare il traguardo dei 300 chilogrammi. Le dimensioni però non sono la prima particolarità del suino che invece si distingue, neanche a dirlo, per le sue buone maniere.

La cascina abitata dai Sala in via Molini di Mezzo, fondo di via XXIV Maggio che approda alle rive del Lambro, è infatti spesso meta delle visite di scolaresche e bambini.

Ed ecco Amerigo, il maiale star del quartiere Taboga di Arcore
Arcore: il maiale Amerigo

«Amerigo è educatissimo – racconta orgoglioso Sala – quando lo chiamo arriva sulla porta del porcile e resta sulla soglia per farsi vedere dai bambini. Ma senza uscire e senza avvicinarsi troppo. Una cosa che non ho mai visto in un maiale in una vita intera».

Una premura tutt’altro che superflua, considerata la stazza dell’animale e le sue notevoli zanne che sembra sia più prudente ammirare da distanza di sicurezza.

Amerigo potrebbe regalare ai Sala, commercianti di maiali da generazioni, qualche soldo, ma il patron 85enne non ne vuole sentire: «Non se ne parla di venderlo, è con me da quasi 3 anni e resterà con me fino a quando non morirò. Al macello non ce lo mando. Però a lungo è stato uno dei più quotati dagli allevatori per la riproduzione».
Il liquido seminale dell’animale veniva venduto e ogni volta, spiega Sala, faceva fare alle scrofe parti da 12 maialini almeno.

Chi càpita intorno alle 13 al Taboga e non si lascia fermare dalla catenella tirata tra due ruderi appena prima della proprietà, può vedere Sala che, tutti giorni, arriva con la scodella di metallo o le mani piene, per dare da mangiare ai suoi animali. Con la camicia, il foulard al collo e l’aria del gentiluomo di campagna. Le galline si avventano sull’insalata gettata nel pollaio dal padrone. E poi i cani: «Non fanno niente – dice Tino Sala – mi fanno compagnia».

L’anziano trascorre le giornate da solo quando il figlio è via per lavoro, «sono la memoria di questo posto, quando non ci sarò più io finirà tutto». La zona è piena di storia locale. Come quel mulino perfettamente funzionante che con la macina di pietra riduce in farina il mais destinato ad Amerigo: un vero cimelio che ai bambini di oggi sembra venire da un altro mondo.