Vittorio Brambilla e la sua vita per i motori: tra le lusinghe Ferrari e la sicurezza della Beta

Era nato l’11 novembre del 1937, ha vissuto una vita dedicata alla passione più grande di tutta la famiglia: Vittorio Brambilla, figlio di Carlo e fratello di Tino, sapeva “pastrugnare con bielle e pistoni in officina”. Ha attraversato il mondo dei motori arrivando a debuttare in Formula 1 nel ’74. Tra le lusinghe della Ferrari e la sicurezza della Beta di Sovico.
Monza, Vittorio Brambilla
Monza, Vittorio Brambilla Fabrizio Radaelli

La maturità arriva all’improvviso. Il talento non basta per certificare il miracolo: ci vuole la consapevolezza di essere al punto giusto al momento giusto; ci vuole la finezza per centrare l’obiettivo di tutta una vita; ci vuole il coraggio di rimettere in discussione certezze consolidate per trovare un equilibrio superiore.
Nato giovedì 11novembre 1937, segno zodiacale scorpione, Vittorio Brambilla pena di suo a terminare la scuola dell’obbligo a San Biagio. Indigeste grammatica e sintassi, Vittorio rifiorisce ogni volta che pastrugna bielle e pistoni in officina. La passionaccia dei motori è il minimo denominatore della famiglia Brambilla. Discreto ciclista e motociclista sopra la media, per quell’epoca, papà Carlo instilla a Tino e Vittorio la religione della velocità.


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L’ultimo rampollo della dinastia Brambilla debutta nel ’57 con una Parilla; l’anno successivo, Vittorio conquista il titolo tricolore della 175 Juniores. Pagato dazio al militar soldato e congedato nel ’60, Brambilla è tentato fortissimamente di passare alla F.3. Non avendo le palanche sufficienti per assicurare una dignitosa stagione in categoria, ripiega ad assistere i clienti sotto contratto. Il sacrificio paga. Dopo aver vinto il campionato mondiale 200 di kart, Vittorio ha il presentimento che il suo momento stia arrivando: in fretta. Quando il fratello Tino firma con la Ferrari – siamo nel 1968 – si libera il volante dell’agognata F.3.

La stagione ‘69 si apre con il botto: esordiente assoluto, il fratellino manca per un soffio l’Italiano di classe, andato poi sul filo di lana a Picchi. Ma, occupato a revisionare telai e motori per la clientela, Vittorio sfrutta poco l’occasione, anche perché impegnato con l’Aermacchi elaborata in via della Birona.
Con la moto costruita a Varese, Brambilla corre dal ’68 al ’70, conquistando – tra l’altro – il terzo posto nel Campionato italiano delle 350 cc dietro ad Agostini (MV) e Pasolini (Benelli).

Qualche comparsata da comprimario in qualche gara di F.2, con la Brabham BT 23, poi – corre l’anno 1971 – la seconda, bruciante delusione del campionato italiano di F.3, vinto in volata da Naddeo. Vittorio, digerita la cocente sconfitta, medita la rivincita. Nel ’72, con la fida BT 35 della scuderia Italia, domina il Tricolore F.3: Carlo Giorgio e Alessandro Pesenti Rossi cercano invano di mettere i bastoni sulle ruote allo scatenato monzese, che giunge primo – tra l’altro – a Monza, Misano (due volte) e Vallelunga.


La più rabbiosa débacle della Stagione Perfetta è rappresentata dal Gp di Montecarlo: ancora alla guida della preistorica Birel motorizzata Alfa Romeo, Brambilla rompe il cambio nella prima sessione di prove. La mattina successiva, alle cinque del mattino, Vittorio è il primo a varcare i cancelli alla ricerca del tempo di qualificazione: ma, dopo pochi giri, è già fermo sul percorso, appiedato. Rismontata la macchina ai box, a Vittorio prende un coccolone: ciucco di fatica e sogno arretrato, Brambilla ha compiuto un madornale errore nel montare di nuovo il cambio sulla sua Birel. Morale: gli ingranaggi si erano disintegrati in pista. Vittorio piange di rabbia e giura di suo di vendicare la leggerezza compiuta.

La famiglia Ciceri garantisce per lui; anzi, per loro. Tino e Vittorio ringraziano dell’appoggio ricevuto con l’unica moneta che ha valore: correndo allo spasimo. Grazie agli appoggi londinesi della Beta, i Brambilla acquistano due March 732 Bmw per la stagione agonistica 1973. Se Tino spara le ultime cartucce della carriera con una “cattiveria” che rasenta la temerarietà, Vittorio affina le doti personali e valorizza al meglio la tattica di gara.

Da promessa a pilota di vaglia ce ne passa: ma Vittorio riesce a superare la prova. Superato l’esame di maturità, il 25 aprile, nella Quattro di Monza, Brambilla – in coppia con Bob Wolleck – fa penare la Ford Capri ufficiale di Jacky Stewart, finché la Bmw 3300 elaborata da Schnitzer regge al forcing iniziale dello scozzese.
Il 15 agosto, nella 12esima edizione della Coppa Città di Enna, prova valida come quarta prova dell’Europeo Marche 2000, Brambilla, al volante di una Abarth Osella, domina le due manche di gara, relegando l’olandese Hezemans (March Bmw) e il francese Andruet (Abarth Osella) – rispettivamente – al secondo e al terzo posto.

Colpiti dalla prova di forza siciliana, i fratelli Pederzani telefonano a casa Brambilla: caro Vittorio, per te le nostre porte sono sempre aperte. Ti va di correre il Gp d’Italia a Monza con la nostra Tecno? Vittorio è lusingato per la proposta e chiede garanzie tecniche precise. I Pederzani tergiversano e traccheggiano: i rapporti con la Martini sono ai minimi storici e la Tecno versione 1972 è tutto tranne che una macchina competitiva.
La proposta dei Pederzani sfruculia l’orgoglio di Vittorio; meno la componente razionale del monzese. Il 12 cilindri boxer costruito a Borgo Panigale è costituzionalmente fragile e carente di cavalli. L’abboccamento non quaglia il risultato sperato. Caricato a mille dall’avvilente vicenda, Brambilla vuole dimostrare al conte Rossi e ai due Pederzani di essere il migliore della piazza.

Il 2 settembre, nel Premio delle Feste al Salzburgring, Vittorio vince la prima corsa di Formula 2. Assenti ingiustificati Jarier e Hailwood, la competizione austriaca sancisce la specchiata supremazia di Brambilla, capace di mettere in fila – nell’ordine – Depailler (Elf Coombs), Coulon (March Bmw), Gubelmann (March Bmw) e Rieder (March Bmw). Il 16 settembre, a Albi, l’apoteosi. Vittorio umilia in casa loro Jarier e Beltoise con una condotta di gara esaltante, che coniuga acume tattica e finezza strategica. L’alfiere della Beta riceve in diretta gli elogi di Cevert: non ho mai visto un pilota così forte e determinato. Paul Rosche, responsabile dello sviluppo del motore Bmw, non sta più nella pelle e gongola di suo: credo in Vittorio. Gli diamo i pezzi necessari e le istruzioni di montaggio, con la certezza che il risultato complessivo sia sempre all’altezza della situazione.

La settimana dopo, Vittorio Brambilla è ricevuto da Enzo Ferrari. «Sono stato dal Commendatore, ma gli ho detto di no alla proposta fattami di correre in F.1 quando… la Ferrari per il pilota italiano sarà pronta. Confesso che avevo speranze, infatti mi giudico superiore a un Lauda o Jarier, ma si vede che a Maranello la pensano diversamente. Comunque, Ferrari mi ha riconfermato che quando ci sarà una F.1 per un italiano sarà per me, ma non sapeva quando. Io gli ho riconfermato che non potevo tradire i miei sponsor della Beta lasciandoli a metà stagione. Ferrari se ne è andato dispiaciuto, ma ha continuato dicendo che ancora non sapeva quando la F.1 sarebbe venuta pronta in quanto quelle di quest’anno, così come il prototipo, erano sbagliate, e bisognava fare tutto nuovo per il ’74. Abbiamo pulito l’officina, e dal prossimo anno tutto sarà nuovo».

Campa cavallo. Il nuovo corso della Ferrari per la stagione ’74 riparte con Clay Regazzoni e Niki Lauda. Vittorio è amareggiato e risentito. Rimane la Beta: l’ultima carta da giocare per il pilota monzese.

«Vittorio è diventato troppo bravo troppo in fretta»: Daniele Ciceri ribadisce l’appoggio personale e il sostegno economico della ditta di Sovico. Scartate Surtees e Iso («La Iso ha uno sponsor principale che è la Marlboro, e questo ci avrebbe messi in secondo piano: sostanzialmente non crediamo in un matrimonio a tre nel quale, tra Iso e Marlboro, noi saremmo risultati terzi»), la famiglia Ciceri imbastisce trattativa serrata con la March di Robin Herd. Il 30 marzo ’74, nel Gp del Sudafrica, Vittorio Brambilla debutta in F.1 con una March ufficiale sponsorizzata dalla Beta Utensili. Venerdì, nelle prove ufficiali, il monzese stampa il tempo di 1’18”29, facendo meglio di Charlton (McLaren), Pescarolo (Brm), Ian Scheckter (Lotus), Roberts (Brabham), Keizan (Tyrrell), Migault (Brm) e Belso (Iso Marlboro). In gara, Vittorio chiude al decimo posto, a un giro dal vincitore Carlos Reutemann.