C’è una piccola città dentro un mondo nascosto, quello del paddock. Dentro quel paese che si chiama motorhome Red Bull vivono 35 persone, tra addetti al catering, all’ospitalità e al personale di servizio. Cucinano, ogni giorno di ogni Gp, centinaia di pasti per i due team della squadra, Toro Rosso e appunto Red Bull. Ma anche colazioni, spuntini e cene, per ospiti e media. A mezzogiorno del venerdì monzese, così come per i due giorni successivi, dalle cucine della Red Bull escono tra gli 800 e i 900 coperti.
E la responsabilità che tutto fili liscio è nelle mani di Christian Kolleritsch, 49 anni, altoatesino di Merano. Da 13 anni in Red Bull, lui che ha un passato di motociclista nel cross, coordina per la casa austriaca anche il servizio ristorazione per alcune tra principali manifestazioni motoristiche su due ruote. «Siamo arrivati a Monza mercoledì, con un back to back da Spa», dove si è corsa l’ultima gara, spiega scartando come in una chicane tra italiano, tedesco e inglese. «Abbiamo una squadra di 30 persone che trasportano 28 bilici, per smontare e rimontare il nostro motorhome. La nostra è una open house che accoglie i 110 membri di ciascuno dei due team al primo piano, gli ospiti media e friends al secondo, sponsor e altri partner al terzo».
Fornendo la benzina alla stomaco della maggior parte degli addetti ai lavori che ruotano attorno alla Formula 1. «Rappresentiamo un brand che nasce attorno alle nostre bibite, quindi siamo molto attenti a tutto ciò che ruota attorno al servizio e alla qualità del cibo. Con questa struttura presente a Monza ci muoviamo anche negli altri circuiti d’Europa, cercando di rispettare molto il costume e la cultura dei Paesi in cui ci troviamo. Qui in Italia, ad esempio, non mancheranno prosciutto crudo, piadine, pizza e pesce fresco. Che compriamo direttamente sul posto. Ci muoviamo con un nostro stock di alimenti congelati, ma molte cose le compriamo proprio nelle città che ci ospitano. Penso anche alle verdure e alla frutta». Del resto, la materia prima passa tra le mani di chef di collaudata esperienza e capacità.
«Ci sono alcuni italiani, ma anche austriaci, tedeschi e lituani. La mia collaboratrice è ungherese, il nostro pasticciere italiano. Perché ogni giorno produciamo gelato fresco. Ma la qualità dei nostri addetti non deve essere solo quella tra i fornelli. Una della capacità più richieste è quella di adattamento: siamo in giro per il mondo 200 giorni l’anno, lavorando e spesso condividendo anche le stesse camere. Serve una personalità adatta per vivere tutto questo. Perciò, a chi mi chiede come poter entrare a far parte del nostro team, dico sempre che proprio quelle elencate sono le caratteristiche da avere. In ogni caso, ogni richiesta di collaborazione che ci arriva la guardo attentamente».