Ha esordito sui campi della serie A di calcio il 26 gennaio 2020, ormai cinque anni fa, una domenica rimasta purtroppo iscritta nella storia dello sport (e nella memoria di molti), perché a poche ore da quel Parma-Udinese, gara terminata 2-0 per i padroni di casa, arrivò da Los Angeles la notizia del tragico incidente costato la vita a Kobe Bryant, fenomeno ed icona della pallacanestro mondiale.
Da allora, ha collezionato nella massima serie cinquantuno presenze e si è meritato la qualifica di internazionale, primo tesserato della sezione di Seregno a riuscire nell’impresa in campo maschile, ma al suo percorso di crescita mancava probabilmente l’esperienza di una grande finale. Una lacuna che Simone Sozza, 37 anni compiuti in agosto, sposato con Vanessa e padre di due splendidi bambini, ha colmato lunedì 6 gennaio, quando a Riyad ha diretto il derby tra Inter e Milan, che ha assegnato a sorpresa ai rossoneri la Supercoppa italiana (3-2 in rimonta).
Aia: un percorso in continua crescita
Tanta acqua, insomma, è transitata sotto i ponti da quando, ancora minorenne, Sozza, cresciuto nel quartiere di Sant’Ambrogio, si presentò per la prima volta allo stadio Ferruccio, dove è ospitata la sezione di Seregno, per avere le informazioni necessarie per iscriversi al corso per diventare arbitro. A riceverlo in quell’occasione trovò Paolo Cazzaniga, uno dei volti storici della sezione stessa, oggi assessore allo Sport, che proprio lunedì 6 gennaio ha assistito in sede alla trasmissione televisiva della partita in Arabia Saudita, insieme ad altri tesserati, tra cui il presidente Stefano Annoni, facendo il tifo per l’amico.
«Era un ragazzino timido – ha ricordato nel tempo Cazzaniga – Allora, sarebbe stato difficile per tutti immaginare di vederlo in serie A. Ma ha avuto la capacità di lavorare molto, strutturandosi anche come atleta». E questa è forse una delle prime chiavi di volta dell’affermazione di Simone, impiegato amministrativo ormai prestato all’arbitraggio, che ha conservato la genuinità che lo ha sempre accompagnato, senza mai vestire i panni del divo: quella dell’impegno. Anche in un intervento ad una recente cena di fine stagione, Sozza ha del resto raccomandato ai colleghi più giovani la massima attenzione negli allenamenti ed al comportamento, proponendosi un po’ come un fratello maggiore per chi oggi sogna di riuscire a ripetere la sua ascesa.
Aia: il ruolo determinante di famiglia e colleghi
Un’ascesa facilitata dalla disponibilità della famiglia, con la moglie Vanessa che conosce a sua volta l’esperienza dell’arbitraggio e che ne sopporta le frequenti assenze da case. Il solo rammarico in questa fase per Simone, che ha sempre saputo interpretare con intelligenza le critiche, come quelle indirizzategli dopo la finale da Graziano Cesari, esperto di Mediaset, in particolare per un fallo non fischiato all’inizio dell’azione che ha consentito al Milan di riaprire la gara, quando l’Inter era avanti 2-0, è la mancanza del papà Davide, il suo primo tifoso, scomparso non ancora sessantenne, senza avere la possibilità di godersi i successi del figlio.
Un’ascesa, come detto, cui sta facendo da contorno l’ambiente sezionale, dove la componente femminile si sta ritagliando uno spazio via via maggiore, con Veronica Martinelli che, sempre lunedì 6 gennaio, è stata assistente nella finale della Supercoppa italiana femminile tra Roma e Fiorentina e Rossella Daidone che, il giorno prima, era stata proprio al Ferruccio quarto ufficiale nella finale della Coppa Italia di Eccellenza tra Rovato Vertovese e Solbiatese. Ma il gioiello di famiglia rimane Simone Sozza…