L’ultimo saluto l’ha ricevuto in mezzo al suo campo di via Baioni a Monza, l’ultima palla a due su questa terra. Sono stati in tanti a partecipare, la vigilia di Natale, alla cerimonia funebre di Renato Fontana, morto dopo una lunga malattia venerdì 21 dicembre. Senza dubbio c’era tutta l’Eureka, di cui era stato fondatore nel 1996 (come della Polisportiva Cantalupo negli anni ‘70). Dirigenti, atleti giovani e non, tutti in campo , in divisa, intorno al feretro ed alla moglie Carmen e alla figlia Monica, che ha ricordato «…il suo cuore immenso, di cui ha donato un pezzo a ciascuno di noi».
Giorgio Fustinoni, che gli è stato accanto negli ultimissimi giorni, ha raccontato che «la consapevolezza di non avere scampo ne ha esaltato le doti e la sua lucidità». E poi, Bruno Cantagalli, da 50 anni amico e compagno nell’impegno politico nel movimento studentesco, che ha spiegato come Fontana affrontasse le «problematiche in 3 modi: con la testa, con il corpo, perché era sempre presente, e con il cuore e la sua capacità di coinvolgere».
Alla fine, la bara è stata porta fuori da amici ed atleti sotto le note dell’Internazionale e di Bella Ciao. Di Renato Fontana, classe ’51, resta proprio la capacità di costruire, di coinvolgere, di operare dialogando con tutti anche in zone caratterizzate, fin dagli anni ’70, da forte immigrazione e relative problematiche di convivenza, offrendo un’importante risposta di aggregazione e integrazione giovanile in tempi e zone calde.