Varedo, Tagliaferro chiude42 dipendenti in mobilità

Con l'inizio di luglio, la ditta di trasporti non esiste più. Duri i sindacati: "La proprietà ha rifiutato di chiedere la cassa integrazione in deroga". La direzione replica: "Cessata attività, ma non fallimento. Siamo orgogliosi di aver ripianato tutti i debiti"
Varedo, Tagliaferro chiude42 dipendenti in mobilità

Varedo – Lunedì è partita la messa in mobilità dei 42 dipendenti della Tagliaferro Autotrasporti srl. Con questo inizio di luglio 2011 la ditta di trasporti editoriali, che per decenni è stata leader di settore a livello nazionale, non esiste più. E così cala il sipario. Le rappresentanze sindacali, che si esprimono per voce della Cgil di Monza e Brianza, sono amareggiate: «Non c’è più niente da fare – dice il segretario Cgil, Salvatore Campisi – E’ inutile anche replicare i presidi davanti all’entrata svolti lo scorso inverno. L’azienda non era più competitiva, è vero. Ma bisogna aggiungere che la proprietà ha rifiutato di chiedere la cassa integrazione in deroga. E’ l’unico caso capitato in tutto il territorio brianzolo. Dicono che erano già partite le lettere di licenziamento, ma altre realtà in crisi hanno ritirato i licenziamenti per fare domanda per prolungare la cassa». Dopo la conclusione della cassa integrazione straordinaria, finita il 4 luglio, i sindacati avevano chiesto che la proprietà si attivasse per chiedere un altro anno di cassa in deroga. «Teniamo a precisare – dice Vincenzo Velluto, direttore dell’azienda dal 2006 – che la cessata attività e la liquidazione non saranno fatte per causa di fallimento. L’orgoglio della proprietà è quello di avere portato l’azienda fino alla fine, ripianando sempre i debiti. Abbiamo pagato tutti i creditori e abbiamo chiuso senza pendenze. Purtroppo negli ultimi anni è apparso evidente che la Tagliaferro non era più competitiva se si mantenevano le condizioni esistenti. Altri imprenditori non avrebbero esitato a non pagare i dipendenti e i fornitori. Abbiamo cercato di abbattere i costi, dotandoci di una officina interna e altro. Non è bastato». Negli anni la proprietà ha venduto i capannoni per cercare di rilanciare l’attività, ma ogni tentativo è risultato vano. «L’origine della fine dell’azienda è da ricercare a monte – è l’opinione di Velluto – quando i lavoratori rifiutarono di fare sacrifici. Accusarono l’azienda di volere speculare. E questo è il risultato finale». Di fronte ai costi eccessivi i committenti sono via via migrati altrove, costringendo la Tagliaferro prima a vendere i capannoni e poi ad avviare le procedure di messa in liquidazione.

Pier Mastantuono