Usura, macellaio paga in naturaIl ricatto: «Dammi la carne»

«Né soldi, né carne». Difficili i rapporti tra Orlando Purita e il commerciante di Seregno, un macellaio, indicato come vittima di usura. La costante, a leggere le carte, è che qualcuno aspetta sempre pagamenti.
In fuga con un quintale di carneRipulita una macelleria a Cesano

Seregno – «Né soldi, né carne». Difficili i rapporti tra Orlando Purita e il commerciante di Seregno, un macellaio, indicato come vittima di usura. La costante, a leggere le carte, è che qualcuno aspetta sempre pagamenti. Il biassonese Orlando Purita dal macellaio seregnese. E a sua volta, lo stesso Purita avrebbe avuto il fiato sul collo dei cugini Facchineri. Gente che non scherza: «roba da non dormirci la notte», dice lo stesso Purita, visibilmente preoccupato di essere indietro coi pagamenti «a quelli». Anche perché «quelli» sono persone che non scherzano.

I cugini Giuseppe e Vincenzo Facchineri, fanno parte dell’omonima famiglia protagonista di una faida violentissima con una cosca rivale tra gli anni 80 e 90, per il predomino nella provincia di Reggio Calabria. Qualcosa come 32 omicidi e decine di tentati omicidi. Uno spargimento di sangue talmente violento che, come evidenziato nel provvedimento del gip Luigi Varanelli, aveva indotto gli stessi reggenti delle ‘ndrine di Reggio ad imporre una ‘pax mafiosa’. Ecco perché Orlando Purita, il «riciclatore di professione», come lo definiscono gli inquirenti, si sente in apprensione: In una conversazione telefonica del maggio 2008, Purita dice al macellaio che, a causa del suo ritardo nei pagamenti, ha dovuto corrispondere ai cugini Facchineri («iniziali erogatori del prestito a favore del commerciante seregnese») un’ulteriore somma di 1500 euro: «ho dovuto dare altri 1500 euro a quelli là perché sennò mi veniva fuori un casino».

Pur di avere qualcosa, Purita invitava il macellaio a pagarlo in natura, ossia mediante fornitura di carne: «comunque io gli ho dato 1500 euro. Se hai un po’ di ticket che vado a prendermi un po’ di schede, un po’ di cose, se mi porti un mezzo cotto, un po’ di carne, un po’ di carne di vitello». E giù imprecazioni: «io non ho nemmeno soldi per fare gasolio», dice Purita. Il macellaio cerca di rassicurarlo: «Si sta mettendo a posto ora (riferendosi alla sua situazione economica ndr) che comincerà ad arrivarmi qualcosa da metà mese prossimo». Ma certo non basta a rassicurare Purita: «Sei andato un po’ in là!!». E poi ancora: «Non ho neanche i soldi per ricaricare il telefono. Il mese dopo, la situazione è ancora peggio: «Ti sei superato, niente soldi e niente carne!«. A luglio 2008: «Faccio venire giù loro», gli dice Purita riferendosi ai Facchineri. A quel punto il macellaio risponde «che avrebbe fatto di tutto«, pur di restituirgli i soldi, e pur di non parlare con i finanziatori».

Nelle carte, compare il nome di un noto imprenditore brianzolo, il concessionario auto Francesco Pirola (non coinvolto nella vicenda). Purita, infatti, teme che, in caso non riesca a onorare i debiti con i Facchineri, «va a finire che si prendono la macchina (riferendosi ad un’Audi Q7) che non è manco mia». L’auto, infatti, risultava all’epoca dell’intercettazione (luglio 2008), ancora intestata alla concessionaria monzese.
Federico Berni