Arcore – Sono passati dieci mesi dal 27 novembre 2011, dal giorno in cui Greta Casiraghi, 17enne arcorese, ha perso la vita nell’incidente stradale accaduto alle porte di Villasanta. A Monza, si è celebrato il primo atto del processo che vede il giovane che era alla guida dell’Alfa Romeo 147, schiantatasi contro un palo accanto all’area di servizio di via Leonardo da Vinci, accusato di omicidio colposo.
Parte civile – L’udienza preliminare è a porte chiuse; è presente l’avvocato incaricato dalla famiglia Casiraghi, che ha intenzione di costituirsi parte civile. Come da lei riferito, il legale della controparte (il ragazzo è assente) chiede un rinvio per accedere poi a un patteggiamento. Si tornerà dunque in aula il prossimo 13 dicembre. Omicidio colposo per violazione delle norme del codice della strada: al ventunenne villasantese è contestato l’eccesso di velocità, non invece la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, sulla base dei risultati del test cui il ragazzo è stato sottoposto dopo l’incidente.
La famiglia – La famiglia di Greta spera nella giustizia; così anche gli amici della giovanissima vittima dello schianto. Quelli che in questi giorni hanno mostrato tutta la loro vicinanza, anche attraverso i commenti e i pensieri affidati alla pagina Facebook dedicata alla memoria di Greta. Un calore e un affetto per cui Antonella Rossi, madre della giovane, vuole dire grazie, mentre commenta il primo passaggio in tribunale del caso. «Prendo spunto da una cosa che ha detto mio marito Giorgio, qualche giorno fa – dice – vorremmo che capisse che ha sbagliato ed è questo che per prima cosa ci preme».
Parla di Diego, il ventunenne al volante il pomeriggio in cui sua figlia è morta. A lui aveva rivolto parole di perdono dal pulpito della chiesa dove l’1 dicembre 2011 erano stati celebrati i funerali. «Non chiediamo una pena che lo distrugga. – aggiunge – È vero, i giovani vanno difesi, ma non va bene difenderli sempre, perciò tutto questo non deve nemmeno passare liscio. Desideriamo che abbia una pena costruttiva per lui, perché paghi i suoi errori. Perdonare però non significa che non è successo nulla, semplicemente l’odio non porta da nessuna parte. Perdonare non significa far finta di nulla, ora dovrà invece fare i conti con la giustizia. E noi crediamo nella giustizia, anche se niente riporterà indietro Greta».
«Diventi un esempio» – È anche agli altri giovani che pensa, Antonella Rossi, a quelli che affollarono la chiesa del Rosario durante la veglia e le esequie e a quelli che affollano tuttora la bacheca della sua pagina Facebook, o che si fanno sentire, con una telefonata, un messaggio, una visita al cimitero. «Anche per loro tutto questo deve essere un esempio», precisa. «Ho avuto modo di scoprire positivamente i giovani, che mi sono stati vicini anche con questo strumento. Del resto era il mondo di Greta ed è un modo per tenerla viva, per tenerne vivo il ricordo ».
Per lo stesso motivo l’idea dei genitori è proporre l’iniziativa di un concorso fotografico che coinvolga proprio gli adolescenti, prendendo spunto da una delle passioni di Greta.
Letizia Rossi