Se il gioco diventa un’ossessioneGli uomini stregati dal videopoker

Coinvolge il 2% della popolazione, nella sola Lombardia è un esercito di 200mila persone. Sono i dipendenti dal gioco d'azzardo che si declina in vari modi. Uomini, ma anche donne che trovano la loro dimensione nel gioco online.
No anche dal Consiglio di StatoDesio perde ancora sulle slot

Monza – Coinvolge il 2% della popolazione, nella sola Lombardia è un esercito di 200mila persone. Sono i dipendenti dal gioco d’azzardo che si declina in vari modi. «C’è chi non può fare a meno di acquistare i gratta e vinci- ha spiegato Paolo Cavedini, monzese e direttore del centro per i disturbi ossessivo- compulsivi di Villa Menni – chi passa le sue giornate al bar davanti alle slot machine, chi perde fortune al tavolo verde». E poi c’è il gioco via internet che è in crescita e che sta portando la passione del gioco non solo prettamente maschile.
«Su cinque persone con una dipendenza da gioco d’azzardo- prosegue Cavedini- quattro sono uomini, di solito tra i 40 e i 45 anni, di fascia socioculturale medio-bassa. Il gioco on-line però avvicina alla dipendenza anche le donne, casalinghe di circa 50 anni in media che non entrerebbero mai in una sala da gioco, ma si sentono a proprio agio davanti allo schermo del computer».

La crisi economica può avere un’influenza sull’aumento di questa dipendenza: «Non è escluso che la mancanza di lavoro – ha spiegato Giampaolo Perna, primario della clinica – porti le persone ad affidarsi alla sorte del gratta e vinci o che avendo più tempo a disposizione si avvicinino al gioco. Bisogna però sempre specificare che non è detto che una persona che acquista gratta e vinci e scommette sulle partire di calcio sia un gioco-dipendente. Può tuttavia essere un segnale di un irrefrenabile desiderio patologico che potrta impulsivamente e compulsivamente a diventare dipendenti da queste abitudini».

Troppo spesso, infatti, le persone non percepiscono il confine tra il gioco e la dipendenza: «Distinguere un’attività piacevole gestita nell’ambito della propria vita personale e sociale e un’attività patologica che rende schiavi rubando tempo, denaro ed energie alla vita reale è fondamentale – ha commentato Paolo Cavedini – quando questo atteggiamento è patologico diventa un dipendenza che si caratterizza per una propensione a pensieri ossessivi e comportamenti compulsivi che imprigionano la persona e la famiglia in una gabbia da cui è molto difficile uscire da soli».
Il percorso di cura prevede la consulenza con lo psichiatra per impostare l’azione diagnostica, l’assunzione di farmaci per ridurre la forza della compulsione al gioco e una psicoterapia cognitivo- comportamentale che può durare anche un anno. A Villa Menni ci sono 15 nuovi casi ogni mese, 200 all’anno che arrivano da tutta Italia.
Rosella Redaelli