Monza – Il tiro al bersaglio sulle province è uno sport vecchio: la loro abolizione era nel programma elettorale di parecchi partiti, dall’Udc a Italia dei valori passando per il Pdl. La possibilità di una loro razionalizzazione sulla base degli abitanti e della superficie, invocata anche da Pd e Lega, si è fatta strada con forza a luglio quando il Governo ha proposto la soppressione di quelle con meno di 300.000 residenti.
Il Partito democratico ha rilanciato ipotizzando una sforbiciata sotto i 500.000. Nell’ipotesi più restrittiva sarebbero saltati 38 enti intermedi su 110. La maggioranza ha innescato la retromarcia in seguito al monito del Presidente della Repubblica che ha ricordato che non possono essere cassate solo alcune province.
Gli enti intermedi sembravano salvi fino a lunedì quando Berlusconi e Bossi hanno annunciato la loro eliminazione per via costituzionale. Per tanti si tratta di un escamotage per rinviare di molto l’intervento che potrebbe incontrare parecchi ostacoli in Parlamento che a inizio luglio ha bocciato una richiesta simile avanzata dall’Idv.
La riforma costituzionale prevede, infatti, una doppia votazione sia alla Camera che al Senato con un intervallo di almeno tre mesi l’una dall’altra e la possibilità di un referendum confermativo se non è approvata dai due terzi dei parlamentari. Il tutto per risparmiare, secondo l’Upl, solo duecento milioni di euro l’anno.
M.B.