Monza – Sei ergastoli, come richiesto dalla pubblica accusa. La decisione è maturata dopo cinque ore di Camera di consiglio da parte dei giudici della Corte d’Assise di Milano: carcere a vita per gli assassini di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia sequestrata, torturata, uccisa e sciolta nell’acido in un campo a San Fruttuoso di Monza tra il 24 e il 25 novembre 2009.
Per Vito Cosco, ex compagno della donna, previsti anche due anni di isolamento diurno, un anno di siolamento per gli altri condannati, Giuseppe Cosco, Carmine Venturino, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. Stabilito anche un risarcimento di 200mila euro a Denise, la figlia ventenne di Lea Garofalo, testimone chiave dell’accusa, e 50mila euro ciascuna a alla madre, Santina Miletta, e la sorella Marisa Garofalo. Risarcimento anche per il Comune di Milano, parte civile nel dibattimento: a Palazzo Marino andranno 25mila euro.
La corte ha poi deciso che il dispositivo della sentenza dovrà essere pubblicato sull’albo del Comune e sul sito del ministero della Giustizia. I sei uomini hanno perso la podestà genitoriale sui propri figli.
La Garofalo sarebbe stata sequestrata il 24 novembre da Carlo Cosco a Milano dove l’aveva incontrata con la scusa di dover parlare del futuro scolastico della figlia. Uccisa il giorno successivo con un colpo di pistola alla testa e il corpo sarebbe stato sciolto in 50 litri di acido. Il movente dell’omicidio, secondo i magistrati, sarebbe stata la collaborazione della donna con gli inquirenti ai quali aveva raccontato fatti di una faida di ‘ndrangheta e in particolare su un omicidio del 1995.
Cosco si è dichiarato innocente e al pm Marcello Tatangelo che nella requisitoria aveva definito i sei imputati dei vigliacchi, ha riposto: «Io ho la terza media, il pm è un dottore e laureato, ha ragione a dire che sei uomini che uccidono una donna sono vigliacchi. Lo farei anch’io se l’avessimo uccisa, ma noi non siamo vigliacchi perchè non l’abbiamo uccisa. Se avessi avuto la sciagurata idea di uccidere la mia ex compagna, non mi sarei servito di cinque persone». Alla lettura della sentebnza presenti tra gli altri Don Ciotti, presidente di Libera, e Nando Dalla Chiesa.