Monza – Ancora una bufera sul mondo della sanità lombarda, e con epicentro l’azienda ospedaliera di Desio-Vimercate. Nei guai tre dirigenti dell’ente, già indagati tre anni fa e ora raggiunti dall’avviso di fine indagine. Indagine partita per il cosidetto progetto «Teleospedale» e che ha fatto emergere un secondo filone, relativo agli appalti per la copertura assicurativa delle aziende ospedaliere della Regione. A spiegare i dettagli dell’inchiesta una conferenza stampa svoltasi venerdì mattina in questura a Lecco.
L’inchiesta era infatti partita da una denuncia presentata alla fine del 2008 dall’allora capogruppo regionale della Lega Nord Stefano Galli, all’epoca dei fatti vicepresidente della III Commissione Sanità e Assistenza del Pirellone, che aveva opposto un secco no a un tentativo di corruzione per promuovere un progetto di ”Tv Sanità” all’interno di tutti gli ospedali lombardi. L’inchiesta ha fatto emergere un secondo filone d’indagine, quello relativo agli appalti per la copertura assicurativa delle Aziende ospedaliere della regione.
Sono quindici complessivamente gli indagati. Tra di loro Maurizio Amigoni, 62 anni, lecchese ma al tempo direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Desio-Vimercate, Patrizia Piera Pedrotti, 50 anni, direttore amministrativo della stessa Azienda Ospedaliera di Vimercate e Cristina Clementi, 46 anni, dirigente amministrativo dell’Unità operativa affari generali e legali, moglie del vicesindaco di Merate (Lecco) Massimiliano Vivenzio. I dirigenti vimercatesi sono sottoposti ad indagine per «turbata libertà degli incanti». Poi Alberto Uva di Missaglia, che dovrà rispondere anche dei reati di corruzione e istigazione alla corruzione (sarebbe stato lui a tentare di corrompere Galli con una mazzetta da 15mila euro).
Nel filone legato alle assicurazioni, invece, è stato indagato l’ex assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, nonché ex sindaco di Lecco, Giulio Boscagli: è accusato di ”turbata libertà degli incanti”. Stando a quanto emerso dalla conferenza stampa, alla presenza del questore Fabrizio Bocci, del dirigente della Digos Domenico Nera, Boscagli avrebbe fatto pressione su Luca Filippo Maria Stucchi, allora direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Mantova (i fatti risalgono al 2009) affinché si prodigasse perché l’appalto venisse affidato a una società romana definita «più affine ai nostri orientamenti».
Stando alle risultanze delle indagini della Digos – il dirigente Nera ha voluto ringraziare «tutti i colleghi per il lavoro svolto in questi ultimi tre anni, fatto di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche», oltre che dell’analisi di una documentazione che definire copiosa pare un eufemismo – sarebbe stato messo in atto un vero e proprio sistema atto a ”guidare” l’assegnazione degli appalti nel campo della Sanità.