Nova: muore all’età di dieci anniIl suo corpo ne dimostra solo due

Michela alla fine non ce l'ha fatta: è morta a dieci anni affetta da una sindrome rarissima per la quale il suo corpo era tale quale quello di una bambina di due. I funerali sono stati celebrati la settimana scorsa nella parrocchia San Giuseppe di Nova.
Nova: muore all’età di dieci anniIl suo corpo ne dimostra solo due

Nova Milanese – Michela Seccia, 10 anni in un corpicino di due, affetta da sindrome di Cockayne, Michela è morta martedì.

‘Una bambina celestiale, che ha saputo compiere un miracolo su di me – racconta mamma Mariagrazia – , è arrivata da noi per aprire i cuori. È come se mi avesse da sempre detto che lei non aveva bisogno di qualcosa, ma solo di vivere questa esperienza terrena con i suoi tempi e i suoi limiti. Io l’ho capito e l’ho accettato. Sono grata a Dio perché me l’ha lasciata per così tanto tempo”. Una sindrome , quella di Cockayne, rara: tre o quattro i casi in Europa, due anni di vita quelli prospettati dai medici in quanto la malattia provoca un grave deficit della crescita (Michela era come una bimba di 18 mesi) con conseguente deterioramento intellettivo, degenerazione della vista, sordità neurosensoriale, nanismo, estrema sensibilità alla luce, perdita della mielina e un precoce invecchiamento fino alla morte. “Il problema più grave è sempre stata l’alimentazione: dal biberon al sondino naso gastrico, quindi alla Peg. La diagnosi è arrivata dopo aver saputo di essere incinta di nuovo: Giulia è stato un grande dono. L’abbiamo sempre coinvolta, ma ha anche sempre aspettato”. Una gestione familiare non semplice per i genitori, impegnati anche in un’attività commerciale, e a complicare il tutto un sondino che spesso le bambine inconsciamente strappavano: ecco quindi le corse in ospedale di giorno e di notte, affidando Giulia a vicini e parenti, ecco quindi gli spostamenti da un ospedale all’altro perché non tutti provvisti del sondino in silicone ? troppo caro! Da subito una lotta contro le istituzioni e quella rigidità burocratica, che non contempla mai un minimo di umanità e di pietà cristiana. Eppure Mariagrazia e papà Roberto, mossi da una grandissima fede, sono andati avanti: Michela va all’asilo. L’assistenza domiciliare prevede solo un’uscita al giorno: Michela orami con la Peg viene nutrita di notte, quindi in mattinata un’infermiera le somministra l’acqua e all’una torna a casa, dove viene riattaccata alla pompa. Troppe però le volte che si ammala e tutte le volte sono ricoveri in ospedale. Arrivata in età scolastica, gli assistenti sociali propongono di inserirla a scuola: ancora lotte perché il comune copra le spese come promesso. Per il centro estivo, idem: la famiglia si rivolge al difensore civico. A scuola le insegnanti accendono la pompa per l’alimentazione, finché un giorno chiedono che intervenga un’infermiera: i tempi di Michela non rientrano però nei tempi contemplati dall’Asl. È di nuovo una palla che rimbalza tra comune, scuola e distretto. A mettere a tacere tutti, ci pensa Michela, che si aggrava e viene ritirata. Nessun aiuto però viene dato a casa. Michela orami rimane attacca alla pompa 24 ore su 24, il deperimento è sempre più veloce e i ricoveri sempre più frequenti. Michela muore, ma non c’è rabbia, c’è ancora solo tanto amore. “Non c’è mai stato nessuno sacrificio, ma solo tanto amore – interviene papà Roberto – non ho mai provato così tanto amore, non mi ha mai privato di nulla”.
Anna Quartiroli