Monza – Una “perversa scommessa politica”. Così il pm Franca Macchia ha definito l’operazione “metrò a fune monzese”, impresa mai realizzata. Una “scommessa” persa, e sfociata oggi nella condanna a quattro anni e mezzo pronunciata nei confronti di Massimino Colombo, ex amministratore delegato della Trasporti pubblici monzesi (Tpb), società creata per la gestione della metropolitana di Monza. La sentenza del tribunale (collegio presieduto dal giudice Italo Ghitti), prevede anche il pagamento di due milioni e ottocentomila euro a favore del tribunale fallimentare, soldi in gran parte destinati al comune, creditore principale della Tpb. L’accusa mossa a Colombo era di aver mandato la Tpb al fallimento, distraendo la cifra di 4 miliardi e mezzo di vecchie lire; soldi pagati dai monzesi per un’opera che non ha mai visto la luce. Massimino Colombo, peraltro, era già stato coinvolto (e assolto assieme agli altri imputati) nel processo che vedeva alla sbarra anche l’attuale sindaco Marco Mariani, sotto accusa assieme ad altri tre esponenti della precedente giunta del “borgomastro” per vicende relative all’assegnazione dell’appalto.
A Colombo venivano contestati due capi di imputazione. Il primo riguardava la distrazione di quattro miliardi dalle casse della Tpb in favore della Sasib Railways (socio privato del comune in Tpb), la società che avrebbe dovuto costruire la linea metropolitana cittadina con la tecnologia del trasporto a fune. Soldi pubblici che erano stati anticipati al comune dalla cassa depositi e prestiti per la realizzazione dell’opera. Uno stanziamento che il Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, aveva peraltro accordato alla città di Teodolinda, ma solo all’avvio del cantiere, che viceversa non è mai nato. L’altra accusa riguardava un’altra distrazione di circa 800 milioni di vecchie lire, giustificata come pagamenti di parcelle in favore di uno studio professionale che assisteva Sasib sotto il profilo legale sempre nell’ambito del progetto metrò.
Tpb era fallita nel 2002. A fine 2003 era stato rinviato a giudizio il sindaco con l’accusa di aver “pilotato” i lavori del metrò a fune in favore di Sasib (poi diventata Alstom spa). Oggi, prima della sentenza, hanno parlato i difensori di Massimino Colombo. “La vicenda del metrò monzese ha inevitabilmente sollevato polemiche e clamore sui giornali; capisco la volontà di scavare da parte della procura, ma anche scavando non si trova nulla di penalmente rilevante”, ha detto l’avvocato Franco Moro Visconti. Di avviso opposto l’accusa che ha definito Colombo “l’artefice” della scellerata operazione, aggiungendo che “i politici dell’epoca non sapevano nulla di quanto accadeva in Tpb”. Il pm, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto tre anni e otto mesi. Il tribunale ha alzato la pena, considerato che Colombo aveva già un precedente per corruzione e bancarotta.
Federico Berni