La compagnia dei Tri gattspiegata da Gatti e Bugada

Nata quindici anni fa nella parrocchia Sant'Ambrogio è formata da una dozzina di elementi che salgono sul pal coscenico per divertimento e per fare beneficenza. Dalla loro amicizia un aiuto concreto al teatro dei padri Barnabiti, il Villoresi
La compagnia dei Tri gattspiegata da Gatti e Bugada

Monza – Una commedia dialettale, perché a loro piace il dialetto. E piace andare in scena, per divertirsi e fare beneficenza. Loro sono quelli della compagnia Tri gatt al ciar de luna (Tre gatti al chiaro di luna), nati, cresciuti e residenti nella parrocchia Sant’Ambrogio. Ne parliamo con due esponenti da sempre, Giuseppe Gatti, 67 anni, una vita di lavoro tra macchine e cancelli elevatori, che del gruppo è il presidente, e Giuseppe Bugada, 60 anche lui, a riposo dopo parecchi anni passati nel ramo della distribuzione di farmaci. Il primo, nella commedia, fa il padre fantasma, ex titolare dell’osteria, il secondo è il parroco.

Innanzitutto: che significa l’osteria di resiètta?
“Il termine dialettale resietta – dice Gatti – indica il mettere zizzania, spettegolare, gente che ha da ridire. Lo spettacolo è del tipo allegro, divertente, come in genere le commedie che scegliamo da portare sul palco”.

Parlateci delle vostre commedie e di come siete nati.
“Siamo nati 15 anni fa nella parrocchia di Sant’Ambrogio, così per scherzo – risponde Bugada-. Mettemmo in scena “Mi voti el me marì” (Io voto mio marito, ndr), poi ogni anno abbiamo preparato una commedia. Insomma, da allora ne abbiamo messe in scena 10. Divertimento personale a parte, le facciamo a scopo benefico. Le mettiamo in scena in parrocchia, al teatro san Carlo, a Vimercate in una rassegna, a Milano per la protezione civile.”

Perché quel nome, tri gatt…?
“Perché –dice Gatti – quella sera che prendemmo la decisione, dopo il primo spettacolo, eravamo rimasti in tre: io, Bugada e Facchinetti (Ivano, nella commedia attuale fa l’oste, ndr). Siamo in 12-13 attori, di età tra i 40 e i 60 anni, più il regista, la rammentatrice e qualche volontario”.

Avete intenzione di partecipare a qualche concorso?
“A quello del Gatal (ex Fom, federazione oratori milanesi, ndr) – dice Gatti-. Dalla Fom peschiamo del resto i copioni. Per le scenografie abbiamo ritirato quelle usate dalla Filodrammatica Padre Giambelli, che era di casa qua al teatro Villoresi, e le abbiamo portate in un magazzino in parrocchia, in via Amendola. E’ la prima volta che saliamo sul palcoscenico del Villoresi”.

Oltre a questa commedia avete preparato o state preparando altro? “L’anno scorso abbiamo preparato ‘Quand ghe de mess i danee’ (Quando ci sono di mezzo i soldi, ndr) , uno spettacolo che abbiamo fatto al San Carlo per l’Unitalsi e in parrocchia per la festa della famiglia. Per l’anno prossimo , a partire da maggio, mettiamo in cantiere ‘L’anima travasada’”.

Gatti, fratello di Adele, la tuttofare del teatro Villoresi, ci tiene a ricordare la finalità della messa in scena della commedia ‘L’osteria di resiètta’. “Noi – mio genero Pietro Corti, esperto di elettronica, ha curato la vicenda – abbiamo dotato il teatro, naturalmente con l’approvazione dei padri barnabiti, di un service per l’audio e le luci, messe a nuovo. Questo permetterà a chi affitta la sala (oggi costa sulle 750-800 euro) di non dover anche portare o noleggiare impianto luci e stereo per gli spettacoli. Il noleggio delle attrezzature costa di solito più dell’affitto dello spazio. Ora potremo fornire a chi viene il ‘tutto compreso’: il service, entrerà in funzione piano piano. Abbiamo speso 20mila euro: gli spettacoli che stiamo facendo servono a rientrare dall’esborso”.
Antonello Sanvito