Monza – Per lui il pane è una filosofia di vita. Frase impegnativa? Non troppo, a dire il vero. Lui che cresciuto con un papà che ogni giorno ad Agliate a mezzanotte si alzava per preparare e sfornare calde michette, non ci ha pensato due volte, laurea in Letturatura alla mano, di ritornare in bottega e mettersi a fare il pane.
Una storia davvero originale quella che vede come protagonista Davide Longoni, 39 anni, brianzolo doc che gestisce il panificio Longoni di via Volturno a Monza dove, da pochissimo tempo, è stato inaugurato anche il laboratorio.
«Questo lavoro me lo sono scelto – ha raccontato mentre continua a impastare e sfornare pagnotte e dolci – Non mi ha spaventato perché lo conoscevo bene. Apprezzandone gli aspetti positivi e anche i sacrifici, che ci portano a lavorare anche di notte». Un lavoro in via di estinzione e poco amato dai giovani, ma nel quale Davide crede profondamente. Tanto che ha creato una sorta di vera e propria filiera, con un rapporto diretto tra produttore e consumatore.
«Mi fornisco personalmente della farina dal mugnaio – ha spiegato – Non approvvigionandomi sul mercato globale. Ho recuperato l’antico metodo di lievitazione con la pasta madre, rivista comunque in chiave moderna ».
Quintali e quintali di pane fuoriescono dal forno di Davide che, a differenza del papà, preferisce proporre alle francesine e alle michette quel pane di grosso formato che può essere condiviso. «E’ un’esaltazione di profumi e di sapori che si possono assaporare insieme, attorno a un tavolo – ha proseguito – Spezzando appunto la pagnotta insieme, anche se i consumatori brianzoli non sono ancora abituati a questo tipo di prodotto ».
Ma Davide è anticipatore dei tempi e mentre in città si è rimasti fermi alla michetta, lui è andato oltre, finendo persino in Sicilia dove produrrà presto una sorta di pane «antimafia».
«Il prossimo anno avvierò a Monreale un laboratorio – ha annunciato – Che verranno realizzati su terreni espropriati alla mafia. E lì insegnerò ai ragazzi a fare il pane».
<br< Nella convinzione che, se i giovani vengono adeguatamente formati e stimolati, alla fine questo non sarà più un lavoro in via di estinzione. E si potrà tornare, finalmente, a riassaporare l’autentico sapore della pagnotta di quelle impastate ancora a mano e sfornate calde ogni giorno. E a chi gli chiede se gli manca il vecchio lavoro, Davide risponde secco: «Assolutamente no, perché il pane prima parte dalla testa e poi viene fatto con le mani». E poi riesce ugualmente a coltivare il suo amore per la letteratura che lo porta in giro per l’Italia a tenere conferenze e che lo ha visto anche scrivere un libro. Sul pane naturalmente.