Besana in Brianza – «Il mio cuore grida nella speranza che fatti come questo non si ripetano più e nella speranza che chi ha vissuto o sta vivendo un dolore così forte possa il prima possibile ricominciare a vivere». Si chiude così la drammatica lettera che la figlia di Speranza Armuto, la giovane mamma uccisa trent’anni fa dal marito Raffale Currà, ha scritto di suo pugno e nei giorni scorsi ha affisso a uno degli alberi del viale del cimitero della piccola frazione di Calò.
Una lettera firmata così: «Ti voglio bene mamma. Tua per sempre, Angela». Ma dietro quella lettera c’è una storia terribile. Angela, che all’epoca dei fatti aveva due anni, è ora una giovane donna che non dimentica, e che ha voluto rendere pubblico il suo dolore senza fine, nel trentesimo anniversario dell’omicidio che ha distrutto la sua famiglia e l’ha strappata per sempre dall’abbraccio di sua madre. E ci ha pensato lei stessa a spiegare.
«Qui, il 25 marzo 1982, una donna meravigliosa ha tragicamente perso la vita. Era mia madre. Oggi, 25 marzo 2012, io, sua unica figlia, lascio questo messaggio perché chi c’era non dimentichi e chi non c’era possa finalmente sapere».Continua la lettera: «Per me, che a quell’epoca avevo poco più di due anni, è straziante sapere quanti bambini oggi sono costretti a vivere una vita devastante perché privati brutalmente della loro mamma e molto spesso per mano di qualcuno a loro molto vicino». Una lettera che sono stati in molti a notare, appesa su quell’albero.
E che ha riaperto una ferita mai del tutto sopita a Besana Brianza nonostante l’incedere del tempo. Raffaele Currà aveva ventiquattro anni quando nel 1982 uccise la moglie, che di anni ne aveva ventuno, nei boschi dietro al cimitero di Calò, soffocandola con un nastro e poi sfigurandola a colpi di pietra. Il giorno dopo l’uxoricidio, il cadavere di Speranza Amuto fu ritrovato da un contadino di Canonica di Triuggio, sul ciglio della stradina che da Calò porta a Cascina Campaccio, mentre portava al pascolo una mucca. Così raccontano le cronache del tempo.
Cronache che riportano anche che i sospetti ricaddero subito sul marito della giovane donna, che il 26 marzo non si era presentato al lavoro. Fu arrestato dai carabinieri qualche giorno dopo a Monza, mentre si aggirava nel parco. Uscito dal carcere, si è rifatto una vita, e da Lissone, dove abitava con la moglie e la piccola Angela fino al giorno della follia omicida, si è spostato nella vicina Triuggio. E’ irrintracciabile e anche lui ha lasciato alle spalle quella tremenda giornata. Dovrebbe essere lontana dalla Brianza, invece, Angela, che – secondo le indiscrezioni – avrebbe completamente cambiato vita, allontanandosi da quella terra che l’ha segnata per sempre. Però nei giorni scorsi non è riuscita a non tornare a Besana per rendere pubblico il suo personalissimo dolore e tributare un omaggio alla memoria di sua madre.
In via Della Valle, poco distante dal luogo dell’efferato delitto, ha lasciato una lettera perché tutti la leggessero. Perché tutti sapessero che cosa era accaduto. E perchè nessuno dimenticasse lo strazio di una bambina, vittima inconsapevole della follia dei grandi e costretta a vivere per sempre con una ferita nel cuore.
Alessandra Botto Rossa