La maggior parte della storia dell’arte degli ultimi due secoli e mezzo ha un indirizzo tracciabile a compasso tra due colline, poche centinaia di chilometri a nord ovest dell’arengario di Monza. Parigi, Montmartre e Montparnasse, due colline sui due lati opposti della Senna dove dalla fine dell’Ottocento si scrivono il presente (passato) e il futuro (presente) dell’arte contemporanea.
A nord e prima c’è l’epoca delle rivoluzioni, che prende casa attorno alla butte, la stessa della Comune. A sud e poi c’è il tramonto all’alba della prima guerra mondiale, attorno a un parnaso più sognato che realizzato, dove tutto – come il braccio di Blaise Cendrars o la tempia di Apollinaire, come le droghe di Modigliani che girava le strade con l’ubriaco Litrillo-Utrillo – finisce per scontrarsi. In mezzo c’è rue Lafitte, appena più su dei grands boulevards dove flanellava Baudelaire: l’epicentro di una stagione irripetibile della storia dell’arte, quella scritta da Ambroise Vollard, uno che un giorno ha più o meno inventato il mestiere contemporaneo di mercante d’arte e che poi ha ideato i libri d’artista. E allora Picasso, Rouault, Chagall. Ecco: Chagall. È a lui che si rivolge il gallerista che aveva dettato gloria ai più importanti artisti del Novecento per continuare una nuova stagione incisoria.
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Sono tre lavori che corrispondono a un ideale triangolo identitario dell’artista venuto da Vitebsk. Chagall, l’ebreo russo cassidico cresciuto con la Bibbia ritrova nel testo sacro la sua prima formazione culturale,quella della sua famiglia e della piccola comunità in cui era cresciuto. E sceglie per le incisioni scene e racconti sui cui spesso era e sarebbe tornato. Ma sarebbe stata l’ultima serie realizzata, anticipata dalle Favole di La Fontaine – cioè la Francia, la patria che avrebbe poi eletto sua nazione definitiva – e ancora prima dal le Anime morte, il più importante romanzo di Gogol’, il padre della grande narrativa russa – per dar retta a Dostoevskij – e l’incarnazione dell’anima di quel Paese. Chagall è lì: in tre serie di incisioni che per la prima volta arrivano complete a Monza, in due sedi, all’arengario e e ai Musei civici grazie alla volontà del Comune e all’organizzazione di Meet museum, con il Cittadino media partner. Più di trecento opere.
La mostra si intitola “Chagall, la grafica del sogno” e raccoglie la produzione incisoria di uno dei più importanti artisti del Novecento fino a gennaio. Tutto succede a trent’anni esatti dalla scomparsa dell’artista a Saint Paul de Vence, il piccolo paese della Provenza dove aveva deciso di ritirarsi dopo una vita fatta d’avventura: la nascita nella russia zarista e i sentori della rivoluzioni che poi avrebbe accompagnato, fondando scuole e dirigendole, prima di allontanarsene deluso. Allora l’Europa, soprattutto la Francia, dove era già stato per completare la sua formazione e quindi la fuga negli Stati uniti per scappare al nazismo che non solo mal tollerava “l’arte degenerata” ma che avrebbe anche dato la caccia a lui, ebreo e artista. Alla fine della guerra avrebbe scelto definitivamente la Francia, Chagall, lasciando nel sud del Paese d’oltralpe capolavori che fanno ancora oggi la fortuna delle città più importanti della Costa Azzurra come dell’entroterra.
In quell’avventura di una vita c’è l’incontro con Vollard, il gallerista editore che aveva accompagnato e attraversato la prima metà del secolo contribuendo a definire il gusto della nuova arte e il successo delle firme più importanti delle avanguardie. Era stato lui a chiedere a Chagall di mettersi alla prova con le incisioni, ben sapendo che se il russo aveva un nome, quel nome lo doveva a un immaginario fatto di colori sognanti. Ma Chagall decise che c’era spazio per annullare il colore e riassumere la sua poetica nelle incisioni, rileggendo i testi che avevano puntellato la sua vita. E allora Bibbia, Favole, Anime morte.
«Se la Bibbia e le Favole sono per l’artista il pretesto per indagare le origini religiose e nel contempo un modo per confrontarsi con la cultura francese, al contrario il romanzo di Gogol’ racconta aspetti della cultura russa dai quali Chagall prende man mano le distanze – scrivono gli organizzatori -. Le tavole incise di Chagall rileggono il testo di Gogol’ e nel contempo disegnano un viaggio nei territori dell’umanità, con ampi richiami ai paesaggi russi e ai personaggi della madrepatria». Ma è solo un capitolo di una mostra unica che riesce a raccontare l’intero universo chagalliano per assenza: quella colore. Che, avrebbe forse suggerito l’autore, non resta che sognare.
Dove
Arengario (piazza Roma) e Musei civici di Monza (via Teodolinda 4).
Quando
4 settembre 2015 – 6 gennaio 2016
Orari: da martedì a domenica; Musei Civici: 10:00-13:00/15:00-18:00; Arengario: 10:00-13:00/15:00-19:00.
Ingresso
Biglietto unico integrato Chagall + Musei Civici: intero 6 euro; ridotto 4 euro.
(Fino a fine ottobre il prezzo di ingresso tutti i giovedì per i cittadini monzesi scontato del 50% grazie al contributodi Acsm Agam).
Informazioni
Ufficio Mostre, tel. 039 366381. Musei Civici di Monza: tel. 039 2307126. Arengario: tel. 039 329541. Iniziative didattiche: Opera d’Arte, tel. 02 45487400; info@operadartemilano.it.