Giussano – Da qualche mese vive nella propria macchina, parcheggiata sul sagrato della chiesa al laghetto. Lucia Morana, 47enne, nata in Sicilia ma dall’età di due anni trasferitasi prima a Paina e da un anno a Mariano Comense, ha trascorso gli ultimi tre mesi nell’abitacolo della propria auto. Lavoratrice precaria fino al mese di ottobre come personale Ata in scuole materne ed elementari, è sempre riuscita a rispettare le spese e le scadenze fino a quando, complice la precarietà dell’occupazione, e l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, non ce l’ha fatta più a pagare l’affitto.
Lo sfratto diventa esecutivo e nel frattempo deve sottoporsi a un intervento medico per l’asportazione dell’utero. La convalescenza è piuttosto lunga e non le consente di svolgere mansioni per cui debba affrontare particolari sforzi. «Da mesi vivo in macchina – ha raccontato la donna, che a stento trattiene le lacrime -. Non ho più la casa e, a seguito dell’intervento, non ho più potuto svolgere il mio lavoro. Voglio poter vivere una vita normale, tranquilla come facevo prima. Ora sto meglio e voglio riprendere a lavorare, ma non posso continuare a vivere in questo modo. Vivo in auto sia che piova sia che faccia caldo, in qualsiasi condizione climatica».
«Quest’estate mi sono persino sentita male per le temperature troppo alte. Quella che sto conducendo non è una vita: la notte non dormo per la preoccupazione e davvero, a volte, la disperazione è tanta. Per fortuna qualche amico mi è vicino e mi aiuta. Dal Comune di Mariano ho ricevuto un contributo di 300 euro, ma poter avere una casa convenzionata pare impossibile. Mi è stato detto di andare in una comunità a Como, ma non ho nessuno che mi possa aiutare nel caso avessi bisogno. Desidero poter tornare ad avere una vita dignitosa ma non so più cosa fare».
Cesare Pozzi,assessore ai Servizi sociali del Comune di Mariano Comense, non ha fatto mancare la propria replica: «Ho ben presente la storia della signora – queste le sue parole – . Come servizi sociali abbiamo avanzato alcune proposte che, però, non sono piaciute. Certo il problema non si sarebbe risolto del tutto e la soluzione ideale per tutti non c’è. Me ne rendo perfettamente conto come sono consapevole delle difficoltà esistenti. Penso,però, che,accettando qualcuna delle alternative che le sono state presentate, si sarebbe potuto iniziare a percorrere un cammino insieme, che in futuro magari avrebbe potuto portare a qualcosa di positivo». Federica Vernò