Gerno di Lesmo – Altri posti di lavoro a rischio allo stabilimento della Yamaha a Gerno di Lesmo. E’ quanto emerge dalla lettura degli ultimi documenti ufficiali pubblicati dal colosso giapponese delle due ruote. E anche dagli spifferi che provengono dalla grande fabbrica di via Tinelli. Ecco che cosa succederà nei prossimi mesi.
Il 2013 sarà un anno difficile per il mondo dei motori. Le vendite delle auto stanno crollando, inesorabilmente e ineluttabilmente, da mesi. E anche il mondo delle due ruote non sta certamento vivendo i suoi giorni migliori. Anzi. Nonostante le case motociclistiche stiano vivendo uno dei periodi più fertili degli ultimi decenni, con idee, progetti e modelli sempre più innovativi accompagnati da una politica di sostanziale riduzione dei prezzi di listino, il mercato è fermo, almeno in quelli che sono (erano?) i paesi dove tradizionalmente il marchio era molto forte e competitivo. Vendite ferme significa meno lavoro. Significa ristrutturazione. Significa, soprattutto per i grandi gruppi industriali, puntare sui mercati emergenti per cercare di sopravvivere. Razionalizzare divisioni e strutture periferiche. Insomma, tagliare per cercare di ripartire.
A questa regola non sfugge, e non sfuggirà, neanche Yamaha. La cura draconiana della casa dei tre diapason investirà nuovamente l’Italia, dopo la chiusura del reparto produzione del 2009, avvenuta non senza dolori, proteste e presidi permanenti da parte degli operai. A tre anni di distanza ci potrebbero essere nuovi tagli occupazionali nello stabilimento di Gerno di Lesmo. La sintesi di quello che resta per ora un progetto solo su carta è contenuta nel nuovo piano di management 2013-2015 diramato in Giappone a fine 2012. E dove si dice che l’anno che è appena iniziato può essere considerato come una sorta di anno zero per la casa di Iwata. Secondo un sito specializzato nel mondo delle due ruote, Omnimoto.it, l’unico a diffondere il piano presentato in Giappone, «nel piano viene evidenziato come sui mercati sviluppati (Europa, Stati Uniti e Giappone), non è stato sufficiente ridurre i costi fissi con delle riforme strutturali perché il calo delle vendite insieme al tasso di cambio dello Yen decisamente sfavorevole, hanno portato ad una perdita notevole. Nel nuovo piano a medio termine, Yamaha prevede di continuare con le riforme strutturali, e di riportare i conti in attivo spingendo sulla marginalità dei prodotti. Sui mercati definiti emergenti, invece, (dove comunque i dati finanziari di Yamaha sono in calo) la casa dei tre diapason prevede un percorso di crescita abbastanza ingente».
Oltre alle «misure per la crescita», per usare un lessico carico al Governo dei tecnici, c’è bisogno anche di spending review. Nella riorganizzazione mondiale di Yamaha è prevista una sola struttura operativa in tutta Europa. La ricerca e lo sviluppo saranno delocalizzate in quattro regioni che per l’azienda sono considerate «chiave» e che saranno molto probabilmente nei paesi del sud est asiatico. Dove si giocherà il futuro del marchio a livello di vendite: India, Brasile, Argentina, Colombia, Tailandia, Indonesia, Vietnam. Dall’interno della fabbrica di Gerno di Lesmo incomincia a filtrare qualche spiffero. A essere data in pasto alla crisi che attanaglia il gruppo sarà quasi sicuramente Yamaha motor Italia, la società che ha sostituito pochi anni fa lo storico marchio Belgarda (nato negli anni Ottanta per la commercializzazione dei prodotti Yamaha e poi anche per la produzione: nel 1992 sono usciti dallo stabilimento brianzolo oltre cinquemila motociclette).
Oggi la divisione italiana del colosso nipponico dà lavoro a 126 persone. Gli operai non ci sono più, licenziati in blocco nel 2009. Accanto, sempre nella sede di via Tinelli, c’è Yamaha Europe, un altro centinaio di dipendenti. Infine c’è il reparto corse e la sede del team che gareggia nella MotoGp. L’idea che potrebbe prendere piede nelle prossime settimane è quella di chiudere la divisione italiana e di riassorbire, nella capogruppo Europe, solo una parte dei dipendenti in esubero. Solo quelli che possono servire. E gli altri? Il destino pare segnato, vista la velocità con cui i vertici della casa di Iwata hanno dato il benservito al reparto produzione solo tre anni fa.
Spulciando nelle proiezioni, Yamaha si aspetta una crescita molto ingente in India, dove prevede di passare dai 400.000 veicoli attualmente venduti a 2,2 milioni nel 2017. Sui mercati asiatici è prevista una crescita stabile ma meno drastica che farà passare il marchio da 4,2 a 6 milioni di pezzi dal 2012 al 2017. Venendo ai mercati consolidati (Europa, U.S.A. e Giappone), la crescita prevista è decisamente meno ottimistica e prevede di passare da 350.000 pezzi attuali a 550.000 nel 2017.
Davide Perego
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