Ecodisastro del Lambro nel 2010La Lombarda Petroli va alla sbarra

È fissata per martedì 25 settembre la prima udienza preliminare del procedimento a carico dei sei imputati coinvolti nella vicenda giudiziaria relativa al rovesciamento di veleni dalla Lombarda Petroli nel Lambro nel febbraio di due anni fa. Monza e Villasanta non sono parti lese. Sit-in degli ecologisti.
Legambiente su Lombarda Petroli«Sistema penale troppo lento»

Villasanta – È fissata per martedì 25 settembre la prima udienza preliminare, davanti al gup Giovanni Gerosa, del procedimento a carico dei sei imputati coinvolti nella vicenda giudiziaria relativa al rovesciamento di veleni dalla Lombarda Petroli nel Lambro del febbraio di due anni fa, sui quali pende la richiesta di rinvio a giudizio formulata dai sostituti procuratori Emma Gambardella e Donata Costa.

Chi è coinvolto – Agli atti risultano due istanze di patteggiamento per pene inferiori ai due anni, a cui la procura ha dato il consenso, presentate dai difensori dei monzesi Maurizio Viganò e Alfredo Pilotti, di 58 e 59 anni, imputati solo di reati fiscali in qualità di addetti alla contabilità dell’ex raffineria di Villasanta, da cui fuoriuscirono, dopo un sabotaggio, tonnellate di idrocarburi finite nel Lambro.

Nessuna richiesta, invece, da parte degli altri quattro imputati, Giuseppe e Rinaldo Tagliabue, 55 e 50 anni, amministratori della Lombarda Petroli spa; Vincenzo Castagnoli, 55, coinvolto in qualità di ”direttore di fatto dello stabilimento”, e al custode Giorgio Crespi, 38, ai quali viene riservata l’accusa principale, ossia quella di disastro doloso che sarebbe stato perpetrato per coprire degli ammanchi di carburanti non contabilizzati nei registri fiscali. per gli inquirenti.

Le accuse – Secondo le accuse, i Tagliabue avrebbero favorito lo sversamento (forse servendosi di due operai) per evitare pesantissime possibili sanzioni fiscali, e relative conseguenze penali. Accusa che i petrolieri brianzoli hanno sempre respinto con decisione. Lo aveva chiarito lo stesso Giuseppe Tagliabue, in un interrogatorio reso giusto un anno e mezzo fa davanti ai magistrati.
I pm di piazza Garibaldi Emma Gambardella e Donata Costa avevano chiesto anche il fallimento della società, dopo la scoperta di un arretrato di Iva non pagata per 900 mila euro, ma il crac era stato evitato dagli imprenditori.

Ma Villasanta no –  C’è il Ministero dell’ambiente, Regione Lombardia ed Emilia Romagna. Ma anche il comune di Monticelli d’Ongina, 5.300 abitanti in un’ansa del fiume Po. Sono quattordici le parti offese, o almeno i soggetti che si ritengono tali, indicate negli atti del processo per l’ecodisastro. Dalla provincia di Monza, ad Alsi e Brianza acque.
Villasanta e Monza invece no. «È vero, non ci siamo costituiti parte civile: non abbiamo ritenuto necessario intervenire, anche perché i danni riportati da Villasanta, dal punto di vista materiale, sono stati lievi». È così che il sindaco villasantese Emilio Merlo spiega la scelta di non partecipare attivamente al processo.
Una scelta che in effetti ha creato qualche perplessità e qualche interrogativo. Sebbene Villasanta sia stata teatro suo malgrado del disastro ambientale, rimbalzata con il suo nome tra telegiornali regionali e nazionali mentre l’ondata nera viaggiava verso il Po, Merlo sottolinea che il grosso dei danni si è concentrato a valle della cittadina, oltre il depuratore di Monza, per tutto il nord Italia.
«Quando abbiamo quantificato la spesa per il nostro Comune – ha precisato – la cifra è risultata minima, legata per lo più agli extra di vigili e uffici comunali. Ci siamo comunque accodati alla cordata della Regione che si è fatta interlocutore del Governo per i risarcimenti».

Per quanto riguarda poi l’aspetto penale della questione, il sindaco ha spiegato di non aver ritenuto necessario il passo di costituirsi parte civile. «Non abbiamo pensato di poter incidere sull’esito della causa – ha dichiarato – attendiamo che la giustizia faccia il suo corso e che la magistratura emetta le sentenze opportune. Lasciamo che ci pensi il sistema giudiziario».

E Monza neppure – Spicca nell’elenco delle parti lese anche l’assenza del comune di Monza, come fanno notare gli attivisti dell’associazione degli Ecologisti Reti civiche- Verdi europei della provincia di Monza.
«L’associazione locale dei Verdi di Monza Brianza da tempo ha chiesto all’Amministrazione Comunale di Monza di costituirsi parte civile. Questo in ragione del fatto che i primi effetti del danno, ambientale e morale subito dalla comunità si sono avuti proprio a San Rocco; chiediamo inoltre che il processo, insieme al danno ecologico e patrimoniale, consideri anche il danno morale e che quindi il doveroso risarcimento sia destinato anche a iniziative di educazione ambientale, che possano riportare tra le giovani generazioni e i cittadini fiducia in un futuro dove l’ambiente sia rispettato».
Dal comune fanno sapere invece che c’è l’intenzione di chiedere la costituzione di parte civile nel processo Lombarda, ma anche di avere dei tempi tecnici da rispettare prima di prendere una qualsiasi decisione.
Gli ecologisti hanno comunque annunciato un sit-in davanti al palazzo di giustizia di piazza Garibaldi.
Federico Berni
Valeria Pinoia