Desio – Una vera e propria «Gomorra della Brianza ». E’ definita così, nella relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, la vicenda della cava di via Molinara, tristemente conosciuta come «la cava della ‘ndrangheta». I parlamentari usano parole forti e invitano ad «intervenire con urgenza», perché i rifiuti ancora interrati potrebbero provocare gravi danni ambientali.
Il corposo documento, frutto di mesi di audizioni, è stato presentato lunedì scorso a Milano. Delle 380 pagine, un vasto capitolo è dedicato alla Brianza. Ad attirare l’attenzione è soprattutto la cava desiana, scoperta nel 2008 nell’ambito dell’operazione Star Wars della Polizia Provinciale, per cui sono finiti in carcere, tra gli altri, i fratelli Fortunato e Giovanni Stellitano, «affiliati alla cosca Iamonte» si legge. «L’indagine ha consentito di porre sotto sequestro tre aree a Desio, Seregno e Briosco, 65 mila metri quadri, equivalenti a dieci campi di calcio, nonché mezzi vari, mentre sono stati recuperati rifiuti tossici e nocivi per 178 mila metri cubi.
L’area più importante, sequestrata a Desio, in via Molinara e di proprietà di Domenico Cannarozzo, detto Mimmo (anch’egli pregiudicato per associazione delinquere di stampo mafioso) era stata utilizzata dall’organizzazione come discarica abusiva, oggetto del conferimento di rifiuti, anche pericolosi, residui plastici contenenti idrocarburi e terre contaminate da piombo e cromo». Gli scavi avvenivano di notte.
«Il quadro che esce dalle investigazioni è quello di una vera e propria “Gomorra” in Brianza. Nel corso delle indagini nate per reati ambientali ne sono stati accertati altri pesanti: lo spaccio di cocaina, la detenzione illecita e il ricorso all’uso di armi per regolamenti di conti e intimidazioni, il ricorso a incendi dolosi per convincere aziende e persone a desistere dallo sporgere denunce».
Le operazioni di scavo, scrivono i parlamentari, duravano da almeno due anni. «L’area era stata scavata a una profondità minima di 6 metri. In alcuni punti sono state scavate buche anche di ben 12 metri di profondità». E i controlli? «Lo scarso controllo del territorio da parte degli enti e delle autorità preposte, accompagnato da una diffusa omertà, hanno consentito all’organizzazione criminosa non solo di operare indisturbata per molto tempo, ma anche di realizzare opere che erano chiaramente visibili da chiunque, già prima delle indagini».
Le conseguenze si faranno sentire, a livello ambientale: «Si spiega, in tal modo, l’enorme danno causato all’ambiente». La bonifica non è ancora stata fatta. Costerà almeno 2 milioni e 800 mila euro. «Non v’è dubbio che, in attesa della bonifica, la situazione debba essere tenuta sotto controllo, mediante l’installazione di alcuni piezometri, al fine di valutare la qualità dell’acqua e, se del caso, intervenire con urgenza».
Paola Farina