Monza – In gioco non c’è soltanto il destino della Cassina, ma quello dello stesso made in Italy. È questo il prezzo che il distretto del mobile di Monza e Brianza rischia di pagare se il reparto cucito dell’azienda, come sembra, verrà delocalizzato in Romania, bruciando 55 posti di lavoro soltanto a Meda. Ma la ripercussione a domino sull’indotto che gravita intorno all’azienda è di proporzioni non ancora calcolabili, vista la quantità di imprese terziste che per Cassina lavorano.
Una situazione talmente grave da indurre i segretari generali di Cgil e Cisl Brianza Maurizio Laini e Marco Viganò, il segretario generale di Filca Cisl Armando Busnelli e quello organizzativo di Fillea Cgil Gianfranco Cosmo a convocare una conferenza stampa per denunciare quello che i sindacati ritengono un esempio emblematico della crisi manifatturiera che sta colpendo il territorio. Cassina, infatti, non ha né difficoltà di mercato né finanziarie ma, come ha spiegato la dirigenza ai rappresentanti dei lavoratori – oggi in sciopero per 4 ore – ha necessità di aumentare i margini di guadagno: se nel 2008 e nel 2009, infatti, l’azienda aveva chiuso i bilanci in rosso, nel 2011 il lavoro è tornato a livelli talmente elevati da indurre l’azienda a chiedere gli straordinari ai propri lavoratori. Che, seguendo le indicazioni dei sindacati, non hanno accettato. L’alternativa alla Romania, invece, sarebbe quella di equiparare gli stipendi dei lavoratori a quelli dei loro colleghi romeni con una riduzione del 20-30%.