Brugherio – Assemblee in fabbrica, manifestazioni e blocchi stradali alle porte, animi delusi e combattivi. Martedì mattina gli operai hanno bloccato i cancelli della palazzina degli impiegati e occupato la rotonda che si trova proprio di fronte all’ingresso della fabbrica, impedendo il transito dei mezzi. In Candy ci si prepara alla guerra, se la via diplomatica dovesse fallire. E il tavolo istituzionale di mercoledì scorso non ha lasciato intravedere nuovi spiragli. Si sono incontrati, oltre alle parti coinvolte, anche il commissario prefettizio Carmen Nuzzi e il presidente della Provincia Dario Allevi, ma i vertici del colosso delle lavatrici hanno confermato la brutta notizia della settimana scorsa: in programma c’è un taglio di 150 posti di lavoro. Servirebbe per far fronte al calo delle vendite, in modo da rallentare la produzione ed evitare l’accumulo nei magazzini. Non servirebbe, se non esistesse la produzione cinese che ogni anno serve con 400mila pezzi il Nord Europa, mercato finora servito da Brugherio.
La mobilitazione in questi giorni è alta. D’altra parte la notizia di un nuovo colpo di mannaia sull’organico è arrivata come una doccia ghiacciata in un periodo in cui, semmai, i lavoratori chiedevano l’incremento della produzione nello stabilimento di Brugherio. Qui, nel 2007-2008 si contavano 600 operai, capaci di produrre 800 mila pezzi. Oggi 450 unità garantiscono una produzione di 650mila macchine. “Fumagalli ha annunciato di voler tagliare ancora 200mila pezzi all’anno – ha spiegato il delegato Paolo Mancini – perché la crisi ha imposto un calo alle vendite. Non più di 450mila pezzi all’anno, dunque, per almeno cinque anni”.
Nella Repubblica popolare cinese, Candy realizza macchine identiche a quelle italiane che si vendono allo stesso prezzo nei nostri supermercati, ma hanno costi di produzione più bassi. L’unica cosa che le distingue, da qualche tempo, è un adesivo: “Made in Italy” per quelle che arrivano da Brugherio e “Italian design” per i prodotti cinesi. L’hanno voluto i lavoratori lo scorso anno e la faccenda ha il suo senso perché, a parità di costo, c’è anche qualche cliente che preferisce sostenere la mano d’opera italiana.
Valeria Pinoia