Monza – Campane a morto per una tradizione lunga cent’anni. Dopo il salvataggio in corsa nel 2004, il Calcio Monza è ancora a rischio fallimento. Signori, si chiude. Il sindaco Roberto Scanagatti, uno degli artefici principali della salvezza biancorossa targata Fontana, trattiene a stento l’amarezza e il rammarico per una situazione disperata.
La storia si ripete. Dopo dieci anni tribolati anzi che no, la sorte della società biancorossa appare segnata.
«Premessa: siamo vivendo momenti particolarmente difficili per il Paese e per Monza in particolare. Ma sono convinto che la soluzione per risolvere la crisi profondissima della società biancorossa c’è ancora. Purtroppo, qualcuno sembrerebbe spingere a tavoletta per acquistare una società fallita, con le pesantissime conseguenze del caso: sportive, civili e penali».
Un ricordo sbiadito il fallimento «pilotato » che consegnò il Monza a Tista Begnini. «Begnini è stato l’àncora di salvezza per la società biancorossa. L’uomo ci credeva nell’operazione di recupero e di valorizzazione della società, passando dalla ristrutturazione aziendale alla valorizzazione del settore giovanile passando dal marketing. Insomma, prima la valorizzazione delle risorse sportive, poi – in secondo tempo – una sana spinta speculativa. Il Gruppo Begnini è, quanto pare, in grossissime difficoltà.
«La crisi morde e non risparmia nessuno. Ma il fastidio vero è questo: troppi signori bussano nel mio studio interessati per operazioni immobiliari, più che da carattere sportivo. Ribadisco il concetto: l’amministrazione comunale vigilerà per scongiurare qualsiasi opera di sciacallaggio ».
Gente senza vergogna. «Purtroppo sì. Continuo a dirlo, a quelli che mi avvicinano: prima il progetto sportivo, poi – dopo – i progetti di valorizzazione dello stadio Brianteo e del Monzello la cui convenzione, tra l’altro, scade nel 2014».
Il business come valore assoluto. Dal dopoguerra ad oggi,il Monza ha disputato 38 stagioni in serie B: ma, il futuro, questo traguardo rischia di essere l’eccezione, non più la regola. «Purtroppo. Sulla carta, c’è gente disposta investire una decina di milioni di euro per una attività speculativa, Brianteo e Monzello non importa. Perchè questi teorici signori non riescono a trovare i soldi per investire e sfruttare il core business principale, che è lo sport? Sono veramente perplesso».
Intanto, Seedorf è stato un clamoroso fallimento «Sì. Ma con un qualche eccesso da parte degli appassionati. Francamente, l’accanimento contro Seedorf è stato ed è eccessivo. L’olandese ha fatto errori a bizzeffe. Ma all’altra parte, l’ex giocatore del Milan era ed è l’unico che ha garantito la sopravvivenza del Monza».
La colpa principale. «Non ho mai capito per quale ragione Seedorf, che una persona lungimirante, ha investito quattrini in una avventura senza ritorno. I tanti soldi messi dell’operazione Monza si sono rivelati inversamente proporzionali ai risultati ottenuti ».
E poi i compari di merende. «In primis, sono stati scelti consiglieri non adeguati. Ma l’errore più grave di Seedorf è stato pensare di fare piazza pulita della parte monzese e brianzola della società. Il Monza è vissuto fra alti e bassi, fra annate esaltanti e ossa rotte: ma la società si era sempre ripresa. Lo zoccolo duro monzese ha lavorato sempre nell’ombra, tenace e competente. Dopo l’uscita forzosa di questi, i risultati complessivi sono quelli che sono: pessimi».
Il Monza sedotto e abbandonato: la storica renitenza all’impegno della mondo produttivo monzese e brianzolo. «Ancora un appello per imprenditori monzese? Per carità. E’ inutile. Nessuno viene allo scoperto. Tante chiacchiere ma poca sostanza. Meglio ragionare per un progetto sportivo chiaro, con un tavolo di confronto serio e – soprattutto – concreto».
Meno male che c’è ancora una squadra che piace. «La squadra è sbarazzina, bella e giovane: per certi versi, mi ricorda il Monza di una volta. Asta è un allenatore emergente e – soprattutto – capace. Poi, Gasbarroni è due categorie superiori… Resta il dispiacere dei sei punti tolti. Comunque, i play off sono a portata di mano».
Il modello di riferimento è? «Il modello di riferimento era il Chievo di Campedelli. Società solida e – soprattutto – sana dentro. Ma era un altro calcio».
Ma ci sono esempi virtuosi,in città? «Il rugby e la pallavolo, realtà che incontrano il favore dei giovani. Per me, esempi concreti per coniugare lo sport e la territorialità ripartono dalla città, dei settore giovanili, nella scuola. E’ un lavoro duro, non gratificante all’inizio ma alla fine vincente».
Ha bussato a Palazzo anche la signora Martin.
«Ho parlato in Comune con la signora Martin. Litania di prammatica: non si preoccupi, a breve i problemi della società biancorossa si risolveranno. Ma il tempo passa e la situazione resta immutata. Sono molto preccupato: c’è il rischio di un secondo fallimento».
Dopo l’uscita di scena del Cda il 15 ottobre 2012, è arrivato Maurizio Carlo Prada, amministrazione unico biancorosso.
«Senza offesa: ma mi sembra un liquidatore. La gestione precedente mi sembrava negasse l’evidenza; Prada – almeno – non fa niente per dissimulare le evidenti difficoltà della società».
Brianteo, una cattedrale nel deserto «Il Brianteo è uno stadio fuori misura, nato male e vissuto ancora peggio. Siamo disposti a valorizzare la struttura – tra l’altro al centro di alcune direttrici di traffico importantissime – ma non possiamo avere interlocutori più interessati al business esterno che al calcio».
A proposito del Brianteo. Le bollette di acqua e gas spettanti al Calcio Monza sono saldate o no? «Altra domanda, per favore… ».
Mario Bonati