Briosco: «Sugli operai Cosmovpressioni per mentire ai giudici»

Incidente mortale sul lavoro, rese note le motivazioni della sentenza di condanna per i titolari della ditta e per due dipendenti accusati di favoreggiamenti. Per il Tribunale su di loro sarebbero state fatte pressioni per cambiare la versione dei fatti.
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Briosco – “Quello che sconcerta nella vicenda, è che i fratelli Motta, anziché fare una scelta di chiarezza, abbiano tentato di offuscare la verità, esercitando pressioni più o meno implicite sugli operai, inducendoli a cambiare versione dei fatti ed addossarsi anche la responsabilità penale di condotte di favoreggiamento nei loro confronti”. Lo scrive il giudice Giuseppina Barbara, del tribunale di Monza, nelle motivazioni della sentenza che ha condannato i fratelli Silvano e Giuseppe Motta, titolari della Cosmov spa, produttrice di maniglie per mobili, e due lavoratori della stessa azienda, in relazione alla morte a seguito di incidente sul lavoro del 36enne di Costamasnaga Maurizio Beneventi.

Il processo si era concluso a dicembre con la condanna a due anni ciascuno (pena sospesa) per i fratelli Silvano e Giuseppe Motta, 60 e 57 anni, imputati di omicidio colposo, e a 3 mesi, convertiti in pena pecuniaria, per due operai dell’azienda, F.B. e Y.T, accusati di favoreggiamento. Era stato assolto, invece, il 48enne Ettore Pesenti, difeso dall’avvocato Giulio Tagliabue, indicato erroneamente come responsabile della sicurezza. La morte di Beneventi risale al 7 febbraio 2007. Operaio di terzo livello, era addetto al magazzino semilavorati di Fornaci di Briosco (via I maggio), incaricato di preparare il materiale da inviare alle altri sedi produttivi. La moglie, dalla quale aveva avuto una bambina che all’epoca del fatto aveva sette mesi, si era preoccupata non vedendolo tornare a casa. Poco più tardi, avrebbe ricevuto la visita di Silvano Motta e di Ettore Pesenti.

I due le dissero che il marito era stato trovato privo di vita in una vasca contenente trielina, aggiungendo che nessuno aveva incaricato Maurizio di fare quel lavoro. Fu questa la prima ombra nella tragica vicenda. Già da qualche tempo la moglie sentiva il marito lamentarsi di sentirsi “stordito” per aver sgrassato pezzi di maniglie con la trielina, come riferito dalla vedova nel processo. Proprio l’uso della trielina (“il cui utilizzo è stato bandito dall’Unione europea”, scrive il giudice) nei processi produttivi della Cosmov, ha rappresentato uno dei punti chiave del processo: “nel corso del processo si è cercato di far credere che la trielina non fosse più in uso”. Ma le testimonianze hanno smentito le tesi della difesa: “nel magazzino si trovavano non solo la vasca della trielina, ma anche numerosi fusti della stessa sostanza, di cui, dopo l’infortunio, i tecnici dell’Asl non hanno trovato traccia”. Non solo, “dopo la morte di Beneventi, in azienda ne è stato bandito l’uso”.

Ma le stoccate più dure del magistrato riguardano la sicurezza dei lavoratori nello stabilimento brianzolo, tenuta in “scarsissima se non inesistente” considerazione. “Nessuno aveva ricevuto idonea informazione; solo dopo la morte di Beneventi i lavoratori hanno iniziato a frequentare corsi sulla sicurezza; nessuno sapeva chi fosse il responsabile della sicurezza”. A proposito dei due lavoratori imputati, invece, la sentenza sottolinea “il loro atteggiamento reticente”, come se “la salvaguardia del posto di lavoro giustificasse il rischio di una condanna per favoreggiamento”.Comportamento considerato però, “umanamente comprensibile”, dovuto “probabilmente a pressioni talmente forti da far temere loro il licenziamento”.
Federico Berni