Bovisio Masciago – È riuscita a fuggire all’aggressione di tre cornacchie e si è rifugiata all’interno di un capannone industriale. Gli operai della ditta Monguzzi di via Buonarotti, mercoledì, nel tardo pomeriggio, hanno sentito un tramestio nel magazzino adiacente al capannone dove stavano ancora lavorando; quando sono andati a vedere hanno scoperto un rapace. Un’aquila minore, grande circa 50 centimetri, molto spaventata, ma non aggressiva.
«Era ferita e un po’ intimorita, aveva attaccato al collo una campanella quindi l’animale aveva un proprietario- racconta Stefania Monguzzi-, gli operai, nel tentativo di prenderla, si sono accorti che era ferita. Fuori dal capannone c’erano tre cornacchie che avevano attaccato l’aquilotto e che non se ne volevano andare». Il rapace, che è risultato poi fuggito dal suo proprietario già dal sabato precedente, ha vagato per alcuni giorni essendo però cresciuto in cattività non ha saputo probabilmente fronteggiare le rivali ben più agguerrite di lei e ha avuto la peggio.
Per fortuna l’aquila è riuscita a raggiungere lo stabilimento di via Buonarotti vicino al centro polifunzionale di via Bertacciola, non esattamente una zona boschiva, qui è stata soccorsa dai dipendenti dell’azienda che produce bordi e colle. «È stata chiamata immediatamente la Lipu- continua Stefania Monguzzi- ma in quel momento non avevano dei volontari che potessero venire a prenderla. Allora gli operai hanno raccolto l’aquila e l’hanno avvolta in un asciugamano dopodiché è stata messa in una scatola dove sono stati praticati dei fori per farla respirare e uno dei titolari dell’azienda ha portato l’animale all’oasi Lipu di Cesano Maderno».
È stato all’oasi della Lipu che si è scoperto che il rapace apparteneva alla specie meglio nota come aquila minore. Un animale non grandissimo, ma con una bella apertura alare. L’esemplare è stato quindi preso un cura dai volontari dell’associazione che si sono poi attivati per rintracciare il suo proprietario. Senza l’attenzione dei lavoratori della «Monguzzi» le possibilità di sopravvivenza dell’aquilotto sarebbero state ridotte al lumicino.
Ivan Bavuso