Accusati di sequestro di personaScagionati, fan festa con la pizza

Rischiavano di rimanere coinvolti in un clamoroso errore giudiziario. Lui e il fratello, venti giorni a San Vittore con un accusa da 30 anni di galera: sequestro di persona. Ma alla fine i due egiziani, pizzaioli a Monza, sono stati scagionati. E hanno festeggiato in modo speciale.
Accusati di sequestro di personaScagionati, fan festa con la pizza

Monza – Rischiavano di rimanere coinvolti in un clamoroso errore giudiziario. Lui e il fratello, venti giorni a San Vittore assieme a dei pezzi grossi del crimine, con un accusa sul capo da 30 anni di galera. Ma alla fine l’egiziano Ossama Rezk, titolare della pizzeria Cris di Monza, nella giustizia italiana ci crede tanto che, per ‘festeggiare’ la fine della disavventura giudiziaria (accusato ingiustamente col fratello di sequestro di persona, accusa ora definitivamente archiviata, anche grazie alle indagini difensive condotte dall’avvocato Franco Mongiu) ha intitolato una delle loro pizze «Trionfo della giustizia».
I guai per Hesham e Ossama Rezk, 30 e 36 anni, sono cominciati a febbraio di quest’anno. Quando i carabinieri sono andati a prelevarli all’interno del loro locale, sotto gli occhi di tutti. «I nostri clienti ci avevano abbandonato, anche se poi hanno capito che si trattava di un tragico errore, e stanno cominciando a tornare».
«In carcere abbiamo avuto molta paura – raccontano i due pizzaioli – ma abbiamo trovato anche molta solidarietà».

Vista la gravità dell’accusa, i due si sono ritrovati in carcere in una sezione di alta sicurezza. Tutto per l’accusa del cugino Moustafa El Sayed, che era stato trovato nella soffitta di un palazzo di Corsico (chiusa dall’esterno con un lucchetto), ed un cerotto sulla bocca. Liberato dalla polizia, aveva raccontato di essere stato rapito dai cugini, riferendo di pregresse questioni di debiti. Secondo i due ristoratori di San Biagio, invece, è lui che avrebbe architettato il tutto, con l’aiuto di «altre persone». L’avvocato Mongiu ha portato al gip le prove del pagamento già avvenuto di un debito di 30mila euro, circostanza taciuta invece dal cugino, denunciato per calunnia. I successivi esami del dna sulle corde e sul cerotto che tenevano ‘prigioniero’ El Sayed (che è tornato in Egitto) li hanno scagionati definitivamente. Già dopo qualche settimana il gip Maria Cristina Mannocci li aveva scarcerati.
«E’ stata dura, ma eravamo convinti che ne saremmo usciti a testa alta – dice Ossama – Le condizioni di vita in carcere non sono per esseri umani; eravamo in sei, in una cella di due metri per tre».