Mai di difficile lettura e mai veramente facile, “Una giornata particolare” sceglie molto volentieri la strada della semplicità per raccontarsi agli spettatori, per trovare un punto di contatto con loro e coinvolgerli in un nodo emotivo da sciogliere. È cosa del cuore: uno spettacolo cartografato per coordinate, linguaggio e musicalità a funzione dell’organo che pompa emozione e che per primo domina nell’angolo di umanità raccontato. Quadra che sia tutto molto fisico, molto umano, molto amaro, in un dondolio lezioso e inasprito dai continui risvegli – di una commedia continuamente interdetta dalla tristezza – nella realtà (drammaticamente storica) avvelenata, e quadra che nel passaggio dal palco al posto di sala non si perda un grammo della sincerità o della intensità pesate al chilo dagli attori incastrati sulla scena.
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E gli attori sono in forma. Solarino e Scarpati sono le due facce della malinconia: lei vicina a una bellezza congenita, rotta e arresa a una vita sovrascritta dalla storia; lui come un conte imbarazzato ed educato, un narratore di vita a cui hanno tolto la professione e una voce a cui hanno tolto la voce. Lo spettacolo è Antonietta e assieme Gabriele, è il loro tempismo e l’ingranaggio che trasforma la fuga di un uccello nella cattura di una amicizia, l’assenza della voce nella scoperta di un’altra, l’incomprensione e la differenza in un passo di rumba, gli ordini dell’istituzione e la paura di obbedirle in brutti ricordi infilzati dalle spade dei Tre Moschettieri. È una guerra privata, in cui alla gentilezza si oppone la vita non vissuta, il compromesso, la storia, la famiglia: spettri che entrano dalla finestra aperta e da cui non c’è fuga, solo il ricordo continuo della sconfitta – resa con occhio elegante e fine – dei singoli di fronte al grande inganno della Storia.
Dedicato ad Ettore Scola, lo spettacolo non ha tensioni o ansie filologiche ed ermeneutiche: non riflette su se stesso, non si interroga sulle proprie forme, non scava nel rapporto controverso tra privato e pubblico, tra identità civica e identità privata, tra spazi esterni ed interni, esemplificativi della distanza e della vicinanza alla politica. Non ci sono exploit di questo tipo, né elementi di eccezionalità che strappino la convenzione scenica; ma è uno spettacolo che non se ne cura, che fa manovalanza emotiva e lo fa bene. L’unità di tempo, l’unità di luogo e l’unità, in qualche modo formulata, emotiva scartano le soluzioni più cerebrali, che cedono il passo a una rappresentazione robusta e diretta, giocata sulla bravura dei suoi interpreti e sprigionante una sorprendente dignità. Tutto quello che si può dare è dato nel nome del massimalismo sentimentale, del minimalismo critico e dell’uso di un trampolino emotivo spontaneamente elasticizzato per un balzo che raggiunga uno stato d’intreccio sentimentale allo stato dell’arte. Per una esplosione muta e particolare che annoda le vene.
Una giornata particolare
Regia di Nova Venturini, Compagnia Gli Ipocriti