Un nuovo modo di intendere il Premio Lissone Design, un nuovo modo di intendere il design stesso come componente quotidiana della vita. È questo il filo conduttore della nona edizione che è stata inaugurata al Mac, Museo d’arte contemporanea il 15 giugno, la prima sotto la direzione di Stefano Raimondi che ha deciso di leggere, attraverso il premio e una mostra, l’influenza del design nella comunità.
Perché se l’inaugurazione è stata al Mac, il Premio è in realtà anche e soprattutto nella città, chiamata a fare spazio a progetti che sono stati pensati e realizzati per alcuni luoghi specifici: giardini e parcheggi, stazione e spazi condominiali, per esempio, con l’intenzione di utilizzare «lo spazio pubblico, con tutte le complessità che ne derivano» attraverso progetti ideati per quegli ambienti. Progetti che, naturalmente, sono pensati per trasformare o reinterpretare i luoghi. A curare il premio è Matteo Ghidoni, docente del Politecnico di Milano che ha invitato a partecipare al Premio studi nazionali e internazionali, che passando quindi sì dall’Italia e toccano Svezia, Portogallo, Svizzera, Germania e Francia.
Premio Lissone Design: “Abitare la città”, di cosa si tratta
“Abitare la città” è il titolo e la connotazione della nona edizione, che non ha un premio-acquisto: «Tutti i progetti entreranno a far parte della collezione del Mac, e non è escluso che alcune opere restino in modo permanente negli spazi in cui sono realizzate». Il museo di via Elisa Ancona 6 ospita contemporaneamente la mostra dei progetti e degli elaborati prodotti dagli studi di architettura e di design che hanno accettato l’invito di Lissone al premio.
A rinforzare l’idea di una edizione pensata per raccontare le trasformazioni del design nella vita quotidiana e nel contesto urbano, un’altra mostra all’interno del Mac: è “Patrimonio dissidente”, promossa dalla fondazione Connecting cultures, che è stata inaugurata nella stessa giornata sempre alle 18: sono le opere di Cosimo Veneziano, con la curatela di Anna Detheridge (critica d’arte, giornalista e docente di arti visive) che affrontano le contraddizioni della presenza all’interno dei contesti urbani di statue, monumenti, architetture che sono figli di un determinato periodo storico e che risultano poi talvolta – spesso – anomalie o presenze addirittura imbarazzanti o inaccettabili al variare delle epoche.
L’esempio più recente è stata l’esplosione della “cancel culture”, la cultura della cancellazione che ha investito soprattutto gli Stati uniti dove i monumenti, per esempio, di Cristoforo Colombo sono stati messi in discussione, imbrattati, rimossi per dare seguito alla sua immagine non più di scopritore delle Americhe quanto piuttosto di “innescatore” dell’invasione delle terre dei nativi americani.
Premio Lissone Design: “Abitare la città” e i monumenti secondo Cosimo Veneziano
Non è sfuggita l’Italia, al fenomeno: contestata, e imbratta a Milano, la statua di Indro Montanelli ai giardini che portano il suo nome, a causa della “moglie bambina” in Eritrea – da lui mai negata – durante la presenza da militare nella colonia fascista italiana. Monumentalità e decostruzione: quella che Veneziano applica sulle fotografie con l’intervento di pigmenti direttamente sulle immagini. «In sintesi, la ricerca insiste sul fatto che a fronte della presenza massiccia, apparentemente inamovibile e anche in questo caso quotidiana nella vita di tutti, monumenti e statue possono e spesso vengono messi in discussione e sono l’oggetto anche di forti dibattiti» osserva il direttore Raimondi.
Tra i soggetti presenti nella ricerca di Veneziano, anche l’affresco Apoteosi del fascismo, realizzato da Luigi Montarini a Roma: efficace per raccontare come al variare delle epoche, del contesto, della sensibilità e della cultura diffuse, varia la percezione dell’opera. La mostra di Veneziano e quella del Premio Lissone Design proseguono poi fino a ottobre.