Ricostruire la storia dell’arte contemporanea di trent’anni del secolo scorso, o addirittura dell’intero dopoguerra, dalla pubblicità. O meglio: dai manifesti delle mostre nelle gallerie private e negli spazi pubblici che hanno caratterizzato un periodo fondamentale del panorama artistico recente. Con un punto di contatto prevalente: Milano, crocevia delle arti come poche altri città per tutto il secondo Novecento. La mostra organizzata dal comune di Monza è un progetto di Dorian Cara che ha raccolto e selezionato i manifesti nella collezione del padre Domenico (critico, saggista e poeta) e in quella dell’artista Luca Crippa: insieme formano “Manifesti per l’arte – L’arte del manifesto” inaugurata il 14 maggio per restare aperta fino al 28 giugno, sempre a ingresso libero, nella galleria civica di via Camperio.
Sono sessanta i manifesti scelti per la mostra tra i 193 che invece saranno censiti nel catalogo pubblicato da Allemandi, scelti da Dorian Cara per rappresentare il periodo compreso tra il 1951 e il 1977: «Un periodo fondamentale della storia dell’arte recente – racconta il curatore – quando Milano era il centro fondamentale». Un centro fondamentale in un periodo in cui i manifesti erano qualcosa (molto) di più di uno strumento pubblicitario. «Molti erano serigrafie, di fatto multipli d’artista che venivano spediti ad artisti, critici, galleristi» rispondendo di volta in volta allo stile e alle forme dell’artista, al periodo, a un’esigenza di informazione che non si può ricondurre alla semplice comunicazione.
Come un manifesto di Twombly che è di fatto un’opera d’arte serializzata o come un Rauschenberg o un Lichtenstein in cui il nome dell’artista nemmeno compare: basta l’opera per spiegare di cosa si tratta. «Un fatto che tra l’altro traccia un confine tra i manifesti italiani e quelli americani: nei primi chi, dove e quando sono elementi indispensabili del manifesto, mentre in quelli d’oltre oceano basta l’opera, come per dire “è chiaro di chi stiamo parlando”».
In ogni caso, uno spaccato importante dell’arte vista e vissuta a Milano, in Italia Europa, negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso, che permette anche di ripercorrere i punti, gli artisti e i fenomeni artistici di maggiore attenzione del periodo. Una prospettiva che peraltro si dilata nel catalogo, che comprende 193 manifesti e che include manifesti tra il 1948 e il 1981, «con le schede delle mostre che rappresentano i manifesti stessi». In altre parole, un documento storico, che comprende le personali di artisti come Rauschenberg,, Pollock, Capogrossi, Max Ernst, Vedova, Dubuffet, Picasso, Klee, Jasper Johns, Klein, Cy Twombly, Arturo Martini, Warhol, Manzoni, Bonalumi, Schifano, Fontana, Boetti, Vasarely, Duchamp, Yayoi Kusama e molti altri.
«Le opere esposte segnano un importante momento della nostra storia artistica e culturale – si legge nella presentazione della mostra- a partire dalla rinascita del Dopoguerra fino alla mutazione delle modalità relazionali degli anni ’80, per le quali sono da sottolineare estri creativi di artisti e designer, incisività comunicativa e effimera visibilità, dato che gli eventi duravano poco meno di un mese, segnando comunque il destino di molti artisti». Gli orari: da martedì a venerdì 15-19, festivi 10-13 e 15-19, lunedì chiuso.