Hanno una vita segreta, le cose che ci circondano: soprattutto quelle che ci sono più abiutali, consuete, scontate. Come un uovo, per esempio, per secoli il simbolo della perfezione. O una tenda, una pentola, una poltrona, uno scolapasta, sì, uno scolapasta. Visto, rivisto, usato, visto, lavato, rivisto. Ma nasconde qualcosa, sempre: un’immagine, una sorpresa, un istante di bellezza che aspetta di essere trovato.
E allora è lì che Rosabianca Cinquetti ha deciso di lavorare, sulle “stoviglie color nostalgia”, persino le “buone cose di pessimo gusto”, entrambi capitoli della poetica di Guido Gozzano che lei aggiorna togliendo quella patina fané del poeta torinese per metterci, oltre un secolo dopo, i paradigmi aggiornati dell’iperrealismo. Veronese, nata nel 1946, lontana volutamente dalle patinature dell’arte contemporanea, ha sviluppato dopo alcuni anni di insegnamento un’estetica personale che rinnova, e modifica, la matrice americana del “più vero del vero”. Spostando l’attenzione verso la sorpresa del quotidiano può raccontare.
I suoi grandi dipinti, una trentina, sono ora una mostra antologica curata da Simona Bartolena e Armando Fettolini allo Spazio heart di Vimercate (via Manin) per incrociare i temi maggiori della ricerca di Cinquetti sotto il titolo “Tutto il mondo attorno” (23 gennaio – 20 febbraio 2022, info associazioneheart.it).
“Cinquetti narra il proprio ambiente, lo esplora, lo osserva ogni volta con rinnovata emozione, come se fosse sempre la prima volta; si incanta nel notare come gli oggetti, anche quelli più banali, svelino sempre nuovi volti, come riescano a uscire da sé quando sono ritratti su una tela – scrivono i curatori -. Capace di scoprire la vita segreta delle cose, Rosabianca Cinquetti dona anche agli oggetti più banali una valenza quasi metafisica (ma non nel senso dechirichiano del termine), capace di proiettarci in un mondo onirico, che evade dal quotidiano per elevarsi a universi altri. Con il suo realismo quasi fotografico la pittrice veronese offre il proprio piccolo mondo quotidiano agli altri, suggerendo nuovi punti di vista e percezioni inaspettate nella fruizione della realtà che ci circonda. Ogni sua opera è un piccolo viaggio nell’esplorazione del sé e del proprio universo”.
CI sono lampade e tende, pentole e stoffe, arredi, pillole: “Se per mostrare il mistero delle cose e sollecitare l’esperienza metafisica, Giorgio de Chirico decontestualizzava gli oggetti collocandoli in luoghi inaspettati e giocando sul fattore sorpresa nel fruitore, Cinquetti non sposta nulla, né crea situazioni inusuali o scenari impossibili, ma si limita a ritrarre, con realismo lenticolare e una spietata oggettività ciò che vede, cogliendo, anche grazie alle sue più preziose alleate – la luce e l’ombra – la magia della realtà così com’è”.
Un realismo poco meno che fotografico che legge e descrive la quotidianità, nella successione occhio-pennello-tela in cui si ritrova “l’impercettibile rumore di fondo della vita che passa e dei ricordi che si stratificano, il passaggio di un’ombra, la percezione fuggente del riflesso di una luce”.