Ha parlato con schiettezza e profondità di uno degli inesauribili temi legati all’esistere umano, Angelo Scola. La libertà.
Il cardinale è arrivato anche in Brianza a raccontare la sua autobiografia, che già dalla copertina sintetizza lo slancio «che ha segnato tutta la mia vita, il fatto che “Ho scommesso sulla libertà”». Ma la serata organizzata mercoledì al cineteatro L’Agorà di Carate Brianza (evento promosso da Comunione e Liberazione, comunità pastorale Spirito Santo e decanato di Carate Brianza) non si è rinchiusa negli schemi classici della presentazione di una nuova pubblicazione, bensì ha visto Scola interfacciarsi in maniera dinamica con i presenti, presentando i contenuti del libro (edizioni Solferino, 2018. Scritto nel dialogo con Luigi Geninazzi) nelle risposte alle domande del pubblico.
«Mi chiedete cosa significhi che io, personalmente, nella vita abbia scommesso sulla libertà. Questo “personalmente” è importante». I ricordi di quel campo in montagna con i giovani dell’Azione Cattolica e di quell’incontro «che fu poi determinante per la mia vita» con don Pigi Bernareggi, che «ci disse una cosa per me inaudita, che “se Gesù non avesse un rapporto con quelle lampadine (eravamo un gruppo di ragazzi in un salone tutto sberciato, in alto le lampadine con appese le strisce gialle piene di mosche), io non sarei cristiano”. Ai tempi ero affascinato dalle idee socialiste, non avevo mai saltato una messa ma con la mente e il cuore ero lontano dalla fede. Ma da quell’incontro ho sentito un sussulto, ho sentito che Cristo c’entrava con me. Da lì la mia vita è cambiata. L’aver detto di sì a quell’incontro ha determinato la mia vita».
Gradualmente l’adesione alla gioventù studentesca di don Giussani e l’orientamento della propria esistenza in una certa direzione. E qui subentra il fattore della scommessa, perché «correlato con la nostra libera scelta c’è sempre un rischio. Perché quando scegli una cosa, lasci fuori tutto il resto. Rischi la tua vita con la scelta, con l’incontro originario fai una scommessa».
Tra ricordi personali e familiari, il cardinale ha parlato dei «diversi livelli della libertà, che è emblematica dell’essere umano: libertà di scelta, libertà come adesione e libertà come inclinazione». Ha raccontato dell’«educazione alla libertà, strettamente legata ai comportamenti perché l’educazione è un fatto di osmosi. A livello sociale, il travaglio che stiamo attraversando, lo sfasciarsi dei costumi, è il momento in cui bisogna dar ragione delle proprie scelte di libertà. È il momento in cui i comportamenti devono lasciar trasparire bellezza attraverso lo stile di vita». Riaffermato il ruolo educativo della Chiesa e della necessità di «tenere sempre in relazione il soggetto personale e quello comunitario».
Provocato dalle domande dei giovani, Scola ha rimarcato la peculiarità del «matrimonio cristiano, che non è solo il “per sempre” già implicito in una relazione autentica d’amore, ma è scelta del dovere della fedeltà, dove i due sposi non si reggono sulle loro fragilità ma su Dio, che in quella relazione entra e la rende stabile. Con il matrimonio cristiano, uno sceglie di essere scelto».
Declinato nel presente anche il discorso dell’attualità del binomio libertà – felicità ad apparente discapito di quello verità – ragione: «E invece ciò che è decisivo e vero è l’amore di una persona, Cristo, che si è fatto uno di noi per indicarci la via della libertà e della felicità. E la verità, una volta che la si conosce, ci interroga costantemente sulle nostre vite, chiede ragione di tutto ciò che si fa».