Ed è Springsteen, il trionfo del Boss alla Gerascia di Monza (lui più forte di tutto)

Tre ore nette di musica senza fermarsi per Bruce Springsteen in concerto a Monza nell'ultima data (storica) del tour europeo.
Bruce Springsteen a Monza
Bruce Springsteen a Monza – foto Lorenzo Pagnoni

E alla fine è arrivato, con tre ore nette di musica senza fermarsi. Bruce Springsteen ha onorato così il concerto di martedì 25 luglio all’autodromo di Monza, nel Parco, ultima data europea del tour 2023 e grande festa con pubblico da tutto il mondo. Il concerto dopo le polemiche innescate dai nubifragi che hanno lasciato pesanti danni in città, e anche dopo i timori di una possibile cancellazione; la generosità del rocker a ripagare con una scarica di energia positiva tutte le fatiche degli ultimi giorni.

Ed è Springsteen: Monza al centro

Sul palco con la E Street Band una manciata di minuti prima delle 20, si è presentato urlando “Ciao Monza” e poi via alla musica subito con “No surrender”, quasi l’invito a non arrendersi ai disastri.

Monza al centro dello show, il nome della città è stato ripetuto più volte. Persino con la “zeta” giusta – dolce – a far tacere chi non perde occasione per lamentarsene (grazie Boss). Poi la solita lunga scaletta tra brani storici e altri dall’ultimo lavoro “Letters to you”. Rock’n’roll, blues, ballad, riflessioni sulla morte e sulla vita. Ventisette storie in tutto, ognuna un’emozione. Fino alla promessa: “Torniamo presto”.

Ed è un peccato che alla fine si sia parlato più – e più che legittimamente – delle difficoltà a uscire dal parco che delle tre ore di show. Perché il concerto è stato meraviglioso, di sicuro storico per Monza.

Ed è Springsteen: un rito che si rinnova per un pubblico sempre più di tutte le età

Sul fronte del Boss è stata la solita messa laica in un rito pronto a ripetersi ogni volta. Perché così è in Italia (ma mica solo qui) fin dal 1985 e anche di più dal 2003, l’anno dell’epico concerto di San Siro sotto il temporale. Vent’anni quasi precisi dopo, allora era stato il 28 giugno, il meteo ha deciso di essere protagonista, ma clemente nella sera dello show.

Springsteen, 73 anni e 50 sulle scene, ha servito un piatto per tutte le età: il pubblico infatti si è presentato più che trasversale, dagli Over (anche piuttosto over) ai più giovani passando dalle famiglie con i bambini. E tanti gli under nel pit sotto palco. Come la bambina che sventolando il cartello “This is my Glory day” – citando i Glory days della canzone – si è meritata lunghe inquadrature e la carezza del Boss (oltre all’armonica a bocca in regalo). Emozionatissima la bimba, orgogliosi i genitori.

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Ed è Springsteen: la scaletta, le riflessioni, la sua band

La scaletta ha regalato anche qualche sorpresa: non più Born in the Usa, non ci sono state Thunder road o Death of my hometown. Avanti con Prove it All Night e Promised Land, Because the night e Johnny 99, Born to Run, Dancing in the Dark. E poi riflessioni, tante, sui sentimenti che legano le ultime canzoni che parlano di morte ma anche di vita. Toccante il monologo prima di Last Man Standing nel ricordo di George Theiss e della prima band, The Castiles negli anni ’60, quella di cui Bruce è rimasto l’unico componente in vita.
Ma è la musica la sua carica, la sua medicina e allora subito dopo si torna a ballare con il supporto di una band inossidabile: Twist and Shout sa già di saluti, ma solo chi pensa più a non fare tardi prende già la via dell’uscita.

Ed è Springsteen: la promessa

Tenth Avenue Freeze-out regala ancora occhi lucidi nel ricordo di Big Man Clarence Clemons (che vive sempre sul palco grazie al sax del nipote Jake) e di Danny Federici. Chiusura con I’ll see you in my dreams con la promessa “Come back soon” proiettata sugli alberi intorno alla Gerascia che forse non tutti sono riusciti a leggere. Ma lo ha detto lo stesso Springsteen salutando Monza e i fan italiani: “Grazie Monza, ti amo Italia. Torniamo”. E, quando sarà, il suo pubblico sarà pronto. Perché una promessa è una promessa.